le rivelazioni in un report
L'Onu accusa la Russia di crimini di guerra anche in Libia, dietro casa nostra
Esplosivi nascosti dai mercenari della Wagner nelle case di Tripoli, persino nei peluche, per fare più vittime tra i civili. L'embargo non funziona e la missione europea Irini non ha abbastanza poteri per imporlo
Un report riservato dell’Onu rivela che i mercenari russi hanno disseminato di mine e trappole esplosive diverse aree residenziali della Libia, inclusa la capitale Tripoli. Si tratta di una violazione grave del diritto internazionale, appurata da un team di esperti dell’Onu che monitora il rispetto dell’embargo sulle armi imposto nel paese. Gli esiti delle indagini, anticipati ieri dal Guardian, hanno appurato che i principali sospettati sono gli uomini della Wagner, la compagnia privata che il Cremlino usa da anni come testa di ponte anche in Ucraina, Siria, Repubblica centrafricana, Mali, Mozambico e Sudan. Il team dell’Onu ha anche rivelato quanto subdoli e spietati possano rivelarsi i metodi dei mercenari russi. Un esempio è la foto, allegata al rapporto, che mostra un colpo di mortaio attaccato al dorso di un peluche in una casa di Tripoli. L’esplosivo, un M95 da 120 mm, è di fabbricazione serba è ha un raggio letale di 24 metri. La testata fotografata nell’abitazione aveva anche altre componenti russe. L’esplosivo, oltre a essere stato piazzato con l’intento esplicito di uccidere civili inermi, è stato assemblato con materiali che in Libia non sarebbero potuti entrare. Secondo il report, i dispositivi sono stati piazzati in diverse aree della Tripolitania nel 2020, quando le forze del generale della Cirenaica Khalifa Haftar, che si avvalgono del supporto dei mercenari russi, si sono ritirate a est.
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- Luca Gambardella
Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.