(Foto di Ansa) 

Nuovo quinquennio

Macron svela il suo nuovo governo: poche sorprese e una novità

Mauro Zanon

L'Eliseo si è preso il tempo necessario per stilare la lista dei ministri, che non ha destato scalpore: un baricentro più spostato a destra ma equilibrato nel genere, che vuole proseguire il percorso compiuto fino ad ora

Parigi. Due giorni fa, a Les Mureaux, in occasione del suo primo viaggio da capo dell’esecutivo francese, Elisabeth Borne aveva detto ai giornalisti che per formare “la migliore squadra con i migliori talenti” ci voleva ancora un po’ di pazienza: “Ci stiamo lavorando e ci prendiamo tutto il tempo necessario”. E fino a giovedì sera si pensava addirittura che la composizione del nuovo governo di Parigi sarebbe stata comunicata all’inizio della prossima settimana, ossia un mese dopo la rielezione di Emmanuel Macron alla presidenza della Repubblica: un record dai tempi di Charles de Gaulle che impiegò venti giorni per definire la lista dei ministri. La suspense, tuttavia, è finita venerdì pomeriggio, quando il segretario generale dell’Eliseo, Alexis Kohler, si è presentato sulla scalinata del palazzo presidenziale per leggere la lista dei prescelti. Ai ministeri dell’Economia e dell’Interno sono stati confermati Bruno Le Maire e Gérald Darmanin, entrambi provenienti dalla destra gollista ed entrambi premiati per il buon lavoro svolto durante il primo quinquennio.

Al Quai d’Orsay, sede del ministero degli Esteri, è stata invece nominata Catherine Colonna, attuale ambasciatrice francese a Londra. Ministra per gli Affari europei ai tempi di Jacques Chirac e ambasciatrice a Roma da settembre 2014 a settembre 2017, Colonna, secondo indiscrezioni, avrebbe vinto la concorrenza di Anne-Marie Descôtes, ambasciatrice di Francia a Berlino. Il ministero della Cultura, come sempre, era uno dei più concupiti: erano circolati con insistenza i nomi della direttrice del Château de Versailles Catherine Pégard e della scrittrice Rachel Khan, ma alla fine a spuntarla è stata l’attuale consigliera per la cultura di Macron, Rima Abdul Malak. Nata in Libano nel 1978, ha lavorato nella giunta socialista di Bertrand Delanöe, poi come attachée culturale presso l’ambasciata francese a New York, e infine all’Eliseo, dove si è fatta notare per aver contribuito al piano “Mondes nouveaux”, al fine di sostenere l’industria culturale nel quadro del piano di rilancio post-Covid, e per aver promosso il Pass Culture: idea lanciata dalla sua predecessora, l’italiana Claudia Ferrazzi, sul modello del Bonus Cultura renziano.

Il dicastero dell’Istruzione, dopo cinque anni di guida Blanquer, viene affidato allo storico di origini senegalesi Pap Ndiaye, direttore del Museo della Storia dell’immigrazione: una nomina che provocherà sicuramente polemiche, in ragione di alcune sue prese di posizione woke e sul “razzismo strutturale in Francia”. Altra scelta che farà discutere, la riconferma di Éric Dupond-Moretti alla Giustizia, in ragione di alcune grane giudiziarie che lo vedono coinvolto (dal punto di vista italiano, invece, è considerata  una buona notizia per l’avanzamento del dossier delle estradizioni degli ex Br). Alla Difesa arriva Sébastien Lecornu, ex ministro dei Territori d’oltremare di formazione gollista, al Lavoro Olivier Dussopt, di obbedienza socialista, agli Affari europei resta saldo Clément Beaune, mentre a gestire i Conti pubblici va Gabriel Attal (il portavoce del governo). Stanislas Guerini, presidente di Renaissance (ex République en marche) e macronista della prima ora, fa il suo ingresso a sorpresa nel governo, ottenendo il portafoglio della Funzione pubblica, in sostituzione di Amélie de Montchalin. Quest’ultima guiderà invece l’ambizioso ministero per la Pianificazione ecologica e territoriale, affiancata da Agnès Pannier-Runacher che dall’Industria passa alla Transizione energetica (i due ministeri, considerati centrali nel nuovo quinquennio, dipenderanno direttamente dal governo). 


E’ un governo di riconferme e di fedelissimi, con un baricentro più orientato a destra, ma con un grande equilibrio di genere. Non sono mancate comunque le reazioni della sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon. “Un nuovo esecutivo senza sorprese, sempre più destrorso e liberale”, ha attaccato Clémence Guetté, candidata della France insoumise alle legislative. I mélenchonisti, si sa, sono convinti di ottenere la maggioranza alle elezioni del 12 e del 19 giugno. “Borne resterà lì soltanto un mese. Faremo in modo che Mélenchon vada a Matignon. Quello annunciato oggi è un governo ad interim”, dice la Guetté. Il primo consiglio dei ministri si terrà lunedì.