(foto EPA)

il personaggio

Tra invidie e gelosie, Alexis Kohler resta il mr. Wolf di Macron

Mauro Zanon

E' il braccio destro del presidente, che lo ha riconfermato come segretario generale dell'Eliseo, il ruolo più influente nell'organigramma del potere francese

Parigi. E’ iniziata lunedì la riorganizzazione delle gerarchie della République, con la nomina di Élisabeth Borne, ministra del Lavoro, a capo del governo francese, in sostituzione del premier uscente Jean Castex. E continuerà in questi giorni con l’annuncio dei ministri che comporranno l’esecutivo del secondo quinquennio di Emmanuel Macron. Quest’ultimo ha promesso un “nuovo metodo” di governo per i prossimi cinque anni, meno verticale e monarchico, più orizzontale e decentralizzato, ma accanto a lui, nel cuore del château, vuole ancora la stessa persona: Alexis Kohler

Ieri mattina, è stato confermato al suo posto di segretario generale dell’Eliseo, il ruolo più influente nell’organigramma del potere francese. Allievo di Sciences Po e dell’Ena, Kohler è un soldato di Macron fin dai tempi di Bercy, al ministero dell’Economia, sotto la presidenza di François Hollande. Gli è sempre stato fedele, e lo rimarrà, con tutta probabilità, fino alla fine del secondo quinquennio. “Macron ha troppo bisogno di lui”, dicono all’unisono consiglieri e ministri. 

 

Kohler ha molti soprannomi. Il “secondo cervello” dell’inquilino dell’Eliseo, il “gemello” di Macron, per via del suo rapporto armonioso, pressoché simbiotico con il presidente, ma anche uno più curioso, affibbiatogli dai marcheurs: Ak47, come il kalashnikov. Perché il lavoro sporco, all’Eliseo, lo fa questo quarantanovenne originario di Strasburgo, che non si arrabbia quando gli dicono che è un algido “tecnocrate”: “Non è una parolaccia”, dice, è una qualità indispensabile a certe altezze. Dalla torre di controllo dell’Eliseo osserva e analizza dietro i suoi occhiali da inflessibile ispettore delle finanze l’operato dei ministri, pilota le grandi operazioni industriali in cui lo stato è azionista, rilegge le interviste dei membri dell’esecutivo prima della pubblicazione e funge da filtro alla valanga di richieste dirette al presidente.

E’ lui che decide ciò che deve arrivare, o no, all’orecchio di Macron. Il presidente affida a lui “il 90 per cento dei dossier che non ha il tempo di gestire”, assicurano i beninformati, ma anche la gestione dei problemi comportamentali interni all’esecutivo e alla macronia. Quando bisogna rimettere in riga un ministro troppo garrulo o un collaboratore lavativo, se ne occupa Kohler. Leale, quasi devoto a Macron, “assicura la continuità delle cose”, sottolinea un habitué dell’Eliseo. Il Monde lo ha definito l’“inossidabile vicepresidente”, un “Macron-bis”. “E’ il suo doppio, la cinghia di trasmissione che funziona in entrambe le direzioni: trasmette le idee del presidente al resto del mondo e gli stati d’animo del mondo esterno al presidente. Senza deformare nulla. Dorme poco, lavora sodo, esce dal suo ufficio solo per camminare in giro per Parigi mangiando un panino. Emmanuel Macron ha piena fiducia in lui, perché le loro conversazioni e le loro divergenze restano imprigionate tra i muri del palazzo presidenziale”, scrive l’Opinion.

 

Kohler parla poco, anzi pochissimo: non dà interviste, al massimo lascia cadere qualche frasetta qua e là. Come quando disse all’Express che “si sente di sinistra”, lui che ha rifiutato di essere il vicecapo di gabinetto di Christine Lagarde quando era ministra dell’Economia di Nicolas Sarkozy e in seguito una proposta di François Fillon. Nella maggioranza macronista, Kohler è visto come il rappresentante dei “tecnocrati” della cerchia ristretta di Macron, di un’élite sconnessa dalla realtà. Per questo motivo, è l’oggetto di critiche aspre da parte degli esponenti più “politici”, quelli che non hanno l’ossessione del rigore e dell’austerità budgetaria.

I detrattori, oggi, ricordano che fece parte del gruppetto che aveva consigliato a Macron di non arretrare nemmeno di un centimetro con i gilet gialli all’inizio della crisi e che si era opposto all’idea del “grand débat” per riconquistare la Francia profonda. In una cena di metà febbraio, François Bayrou, leader dei centristi del Modem e principale alleato di Renaissance (il nuovo nome della République en marche) all’Assemblea nazionale, rimproverò a Kohler “i suoi metodi da manager di Mckinsey”. L’entourage del segretario generale dell’Eliseo evoca “la gelosia” dei molti critici che parlano in forma anonima con i giornalisti, in ragione del suo rapporto privilegiato con il capo dello stato.

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