Vladimir Putin (Ansa)

i Rischi

Gas e grano, più dell'atomica, sono le armi di Mosca contro l'Europa

Federico Bosco

L’unico settore in cui la Russia può colpire davvero l’occidente è l’energia: così Putin potrebbe giocare d'anticipo, cercando di rendere le sanzioni insostenibili per l'Ue. E intanto l'esercito russo blocca i porti ma accusa Kyiv, scatenando una crisi alimentare che rischia di essere globale
 

La notizia è stata come uno choc. Il gestore dei gasdotti ucraini Gtsou ha comunicato che il transito di gas russo attraverso la centrale di Sokhranivka (nel Donbas), si fermerà a causa delle “interferenze” delle forze di occupazione russe. Gtsou ha chiesto alla Russia che il flusso venga dirottato in un gasdotto più nord, nei territori controllati dall’Ucraina, ma Gazprom ha risposto che è “tecnicamente impossibile”. Attraverso la centrale che rischia di fermarsi transita quasi un terzo del gas russo destinato all’Europa. Finora gasdotti e oleodotti ucraini hanno continuato a funzionare nonostante i missili, la distruzione e i morti. Una “sacralità” che potrebbe non durare. Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha assicurato il rispetto dei contratti, ma il ministro degli Esteri Sergei Lavrov parlando dall’Oman ha lasciato intendere qualcosa di diverso, dicendo che “la  Russia ha a chi vendere le sue risorse energetiche e lasceremo che l’Occidente paghi molto di più”, concludendo con la frase minacciosa, “e spiegheremo agli occidentali perché sono diventati più poveri”.

 

Qualsiasi piano europeo per liberarsi dalla dipendenza dagli idrocarburi russi (sanzioni o cessazione graduale) presuppone una certa passività della Russia, immaginando che Mosca cerchi di aggrapparsi a ciò che resta delle relazioni commerciali per guadagnare il più possibile prima della fine. Ma mentre l’Unione europea è impantanata a causa dell’Ungheria nella discussione sulle sanzioni al petrolio russo, e ha messo da parte l’idea di sanzionare il gas, si trascura la possibilità che possa essere la Russia a fare la prima mossa bloccando in qualche modo le forniture all’Europa. 

 

Secondo Sergey Vakulenko, ex stratega di Gazprom Neft, è possibile che di fronte alla prospettiva inevitabile di un’Europa che sanziona gli idrocarburi russi o (come minimo) se ne libera nel giro di qualche anno, la Russia decida di giocare d’anticipo cercando di renderlo il più insostenibile e costoso possibile per i governi europei. Una mossa pesante per Mosca, costosissima per i suoi cittadini, ma è una mossa della disperazione più realistica degli attacchi nucleari che vengono immaginati nei talk-show della tv di stato russa. La perdita delle entrate energetiche sarebbe devastante per l’economia russa, ma non subito. Mosca ha ancora bisogno di ottenere un risultato importante dalla guerra e pertanto può essere disposta a portarla avanti a lungo, costi quel che costi.

La retorica di Lavrov ieri, come quella di Vladimir Putin nel discorso del 9 maggio, è la retorica dello scontro di civiltà, e l’unico settore in cui la Russia può colpire davvero alcuni governi dell’Occidente è l’energia. Per ottenere un risultato politico però il Cremlino deve costruire un messaggio propagandistico spendibile, da vittima, e il modo più efficace è causare danni alla vita quotidiana degli europei attribuendo la colpa all’Ucraina e alla posizione sostenuta dei governi occidentali, che a differenza di quello russo devono rispondere alle opinioni pubbliche e affrontare regolari elezioni.

 

Un comportamento che la Russia sta già portando avanti scatenando una crisi alimentare globale, che Mosca attribuisce a Kyiv nonostante sia causata dall’invasione russa e dal blocco dell’export. Ieri Lavrov ha anche accusato le autorità ucraine di rifiutare la cooperazione che faciliterebbe la partenza delle navi cariche di grano e cereali bloccate nei porti ucraini assediati dai russi. “L’Ucraina ha piazzato delle mine nei porti impendendo alle navi di partire”, ha detto Lavrov, come se la causa non fosse lo strangolamento navale del porto di Odessa per mano russa, che dall’inizio della guerra impedisce all’Ucraina di portare avanti uno dei settori più importanti della sua economia con il rischio – ormai sempre più probabile – di scatenare un’ondata di carestie in Africa e Medio Oriente, e con essa nuovi flussi migratori verso l’Europa. Un’altra crisi che la propaganda russa potrà scaricare addosso all’Ucraina, e all’Occidente.
 

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