sul Mar Nero

Il blocco dei porti ucraini è il primo grande risultato russo

Micol Flammini

Da Odessa non arrivano e non partono mercantili e la guerra sta fermando milioni di tonnellate di grano e mais in Ucraina. Una minaccia che non riguarda soltanto Kyiv, ma tutto il mondo

La Crimea è uno dei posti che l’esercito russo riesce ancora a rifornire con agilità sufficiente e, nella fase della guerra che si sta delineando, la penisola inizia a occupare un ruolo importante per la strategia russa. Le immagini satellitari mostrano che nelle ultime settimane il numero di strutture missilistiche schierate sulla penisola è aumentato e proprio dalla Crimea sono partiti alcuni degli attacchi contro la città portuale di Odessa che si affaccia sul Mar Nero.  Mosca sta intensificando l'aggressività contro Odessa,  che da terra è protetta dall’esercito ucraino che resiste nella regione di Mykolaïv, ma rimane esposta ad attacchi  dal mare, dalla Crimea – che divide i due mari ucraini: Mar Nero e Mare d’Azov –  e dalla Transnistria, l’enclave filorussa della Moldavia che, secondo l’intelligence americana, la Russia vuole coinvolgere nella guerra. La pressione su Odessa ha stravolto tutto il Mar Nero e da settimane i principali porti ucraini sono bloccati: i bombardamenti russi non permettono che i porti funzionino regolarmente e le navi mercantili non possono né arrivare né partire. Odessa è il porto ucraino più importante e la guerra sta bloccando milioni di tonnellate di grano e di mais stipate nei silos che dovrebbero essere portate  in tutto il mondo.

 

Il blocco del porto di Odessa preoccupa il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che ha detto che una situazione simile non si verificava dalla Seconda guerra mondiale, e  potrebbe diventare “spaventosa”: già ora sta lasciando decine di paesi “sull’orlo della mancanza di cibo”. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che lunedì era a Odessa e ha dovuto proseguire il suo incontro con il premier ucraino Denys Shmyhal in un rifugio, ha detto: “Ho visto silos pieni di grano e mais pronti per l’esportazione. E’ cibo di cui c’è necessità estrema ma che è bloccato a causa della guerra  e del blocco dei porti del Mar Nero”. 

 

La Russia sta strangolando i principali porti ucraini  e ambisce a togliere all’Ucraina l’accesso al mare e ridurre non soltanto le sue capacità economiche, ma anche gli approvvigionamenti di altri paesi che dipendono dai rifornimenti di Kyiv per grano, mais ma anche per materie prime. Bloccando Mariupol, dove continuano i bombardamenti contro l’acciaieria Azovstal, e Odessa, la Russia sta comprimendo le capacità economiche dell’Ucraina, mentre intensifica la pressione sui confini: a est dalla Russia; da ovest tramite la Transnistria e da nord tramite la Bielorussia che ieri ha schierato nuovi uomini.   Per aggirare il blocco di Odessa, i paesi europei hanno cercato di organizzarsi tramite trasporti alternativi via rotaie, ma è dal mare che passano i grandi carichi e i grandi rifornimenti. Secondo la Fao, attualmente, in Ucraina ci sono circa 25 milioni di tonnellate di grano che potrebbero essere esportate, ma mancano le infrastrutture e quindi non possono lasciare l’Ucraina. L’Europa può permettersi di  usare  il trasporto ferroviario, che comunque muove quantità molto inferiori: seguendo varie rotte terrestri ogni mese potrebbero essere mosse circa 600.000 tonnellate di grano ucraino.  A luglio e agosto ci sarà un nuovo raccolto di grano,  orzo e mais, e sorgerà un nuovo problema: la  produzione rischia di andare sprecata perché l’Ucraina non ha ulteriori capacità di stoccaggio. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.