Olaf Scholz (LaPresse)

Dietro le quinte

Perché la Germania è così riluttante nel difendere con ogni mezzo l'Ucraina

Giorgio Arfaras

Berlino continua a tenere una postura ambigua nei confronti della Russia per almeno quattro ragioni: il ricordo delle due grandi guerre, la complementarità economica con Mosca, le previsioni negative circa l'inasprimento delle sanzioni e i legami poco trasparenti con Putin

La Germania si comporta in politica estera come se fosse una grande Svizzera. Le ricchezze mondiali stipate in Svizzera sono troppe per le occasioni di investimento che si hanno nella Confederazione. Il sistema finanziario svizzero deve così investire queste grandi ricchezze all’estero. Gli investimenti svizzeri non sono difesi dal sistema politico e militare elvetico, bensì da quello statunitense. Gli Stati Uniti sono i veri garanti dei diritti di proprietà degli investitori internazionali che agiscono attraverso il sistema svizzero. La Germania apre stabilimenti e vende in tutto il mondo una quantità considerevole di beni. Anche nel caso tedesco, come in quello svizzero, i diritti di proprietà nell’agone internazionale sono difesi dagli Stati Uniti. 

La protezione politico-militare statunitense si ha nei paesi che sono illiberali. La flotta statunitense, infatti, non difende i diritti economici svizzeri e tedeschi in Francia, per dire. Viene, in conclusione, il sospetto che una ricchezza cospicua come quella tedesca e svizzera, che si forma e si sviluppa globalmente senza un proprio apparato politico e militare, spinga questi paesi a pensare che sia possibile essere irenici in un mondo che a volte è bellicoso.


La Germania dal secondo Dopoguerra ha esportato molto più di quanto abbia importato (= esportazioni nette), salvo in alcuni periodi. Negli ultimi tempi poi, le sue esportazioni nette sono esplose. Come mai? Da un paio di decenni il mercato del lavoro tedesco è cambiato, con i lavoratori qualificati che hanno visto crescere la propria remunerazione e la sicurezza occupazionale, e con quelli poco qualificati che non la hanno vista crescere e non hanno più la stessa sicurezza di occupazione e di protezione sociale di una volta. Il monte salari si è così ridotto in rapporto al pil a favore del monte profitti. Questi ultimi non si sono trasformati interamente in consumi e investimenti. Come conseguenza, la produzione tedesca in eccesso sulla domanda è stata esportata verso gli altri paesi
 

Le riforme del mercato del lavoro e dello stato sociale sono state intraprese a partire dal 2005 dal Partito socialdemocratico, e si sono poi assestate con i governi democristiani. La forza dell’economia tedesca è soprattutto nelle imprese medie, che remunerano e proteggono i loro lavoratori qualificati, e sono spesso controllate dalle stesse famiglie, che riescono a mantenere il controllo generazione dopo generazione anche grazie al meccanismo che regola le imposte di successione. Se l’imprenditore che riceve in eredità l’azienda si impegna a non licenziare per un certo numero di anni i dipendenti, ecco che non paga le imposte di successione. Le grandi così come le medie imprese tedesche cercano da sempre il vantaggio competitivo non sul prezzo ma sulla qualità del prodotto e sulla conseguente fedeltà del consumatore quando torna a comprare dopo anni il prodotto ormai esausto.

Proviamo a tirare le fila. L’obiettivo è quello di trovare una spiegazione dello scarso entusiasmo tedesco nella difesa dell’Ucraina, che ha origine nei suoi legami con la Russia.

 

Una prima spiegazione potrebbe essere quella accennata dell’ombrello statunitense combinato con il ricordo degli effetti devastanti delle due grandi guerre. Una combinazione grazie alla quale sono passati da uno stato dove era molto importante il lato militare (garrison state) a uno che persegue essenzialmente il benessere (civilian state). Segue che, quando si ha una grave crisi militare, non si sa subito come reagire.

 

Una seconda spiegazione potrebbe essere quella del “libero scambio”. Una teoria e una pratica che ha funzionato nei periodi di pace, una volta fino alla Prima guerra, e poi successivamente alla Seconda. I paesi, come accennato, se sono dei grandi esportatori, cercano di scambiare con i paesi che hanno economie complementari. Per esempio, la Russia vende gas ai tedeschi, e la Germania vende automobili ai russi. I tedeschi non hanno il gas e i russi non sanno costruire delle automobili di quella qualità. Tanto maggiore è lo scambio complementare, tanto maggiore, direbbe il libero scambista, è la ricerca della pace che consente la prosecuzione del benessere. Le esportazioni tedesche verso la Russia sono una frazione di quelle che vanno verso l’Unione europea, mentre le importazioni tedesche dalla Russia, pur modeste, rilevano perché sono concentrate nelle materie prime non rinnovabili.

 

Una terza spiegazione è l’impatto delle previsioni che stimano l’inasprimento delle sanzioni contro la Russia, se legate al taglio delle forniture di gas. Quelle delle associazioni sindacali e confindustriali dipingono un scenario apocalittico, con forti cadute del pil associate a una disoccupazione dilagante. La proposta è di non sanzionare il gas. Quelle dei centri di ricerca dipingono una caduta del pil gestibile con una disoccupazione che si può affrontare con dei trasferimenti a carico dello stato. La proposta è di sanzionare, se necessario, il gas. Le previsione apocalittiche sono per ora quelle che hanno un maggior seguito.

 

Una quarta spiegazione è il legame economico qualche volta poco trasparente che in Germania alcuni hanno con la Russia. Legame che comincia a essere denunciato e che è molto forte nell’Spd. Questo spiega la reticenza della sua direzione ad affrontare a viso aperto le implicazioni dell’aggressione dell’Ucraina.

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