(foto EPA)

Il putinismo si sta sciogliendo, pensiamo a una Sant'Elena per Putin. Parla Alexandre Adler

Marina Valensise

"In Russia si prepara un complotto e una difficile transizione. Ma entro luglio sarà tutto finito". Intervista con il politologo più interpellato di Francia, grande esperto di Mosca

Parigi. E’ ottimista Alexandre Adler, il politologo più consultato del momento sulle vicende russe in Francia, convinto com’è che le scaramucce tra Emmanuel Macron e Joe Biden non siano altro che un gioco di ruolo, tra il bad cop e il good cop, alleati nella caccia al ladro. Adler sostiene di aver appena ricevuto un messaggio dell’ambasciatore russo presso la Santa Sede, Alexander Avdeev, che dirige la politica russa in medio oriente, e in stretto collegamento col Vaticano mantiene i rapporti con Siria e Israele, e rappresenta una figura chiave nella troika putiniana: “Va tutto bene, mi ha fatto dire da un comune amico. A fine giugno, massimo ai primi di luglio, sarà tutto finito. Fai in modo di ritrovarmi in Bretagna e ti spiegherò tutto”. 

Lo scenario che si profila parte da una constatazione: “Il n’y a plus de pilote dans l’avion. Dunque si prepara un complotto e una difficile transizione”. Vladimir Putin  ha perso il sostegno della Krugovaja poruka, l’inner circle formato da Avdeev, dal ministro della difesa Sergei Shoigu, e dal capo dell’intelligence internazionale, Sergei Naryshkin: “Shoigu è un buriat di etnia tuvana, perciò non può ambire alla presidenza della Federazione russa, ma ha ottimi rapporti con la Mongolia, stato indipendente ai confini tra Russia e Cina. Ma la Cina ha preso il controllo sull’intera Siberia sino al lago Bajkal – prosegue Adler – Il che per Shoigu è motivo di attrito con Putin, tanto da indurlo, con Avdeev, a puntare sul compromesso con l’Europa per riequilibrare il gioco.”  

Secondo il politologo francese, “l’offensiva in Ucraina è paradossale: oggi il più pro europeo dei politici russi è anche il più orientale e cioè Shoigu, il quale pensa che senza l’alleanza con l’Europa e senza  collaborazione aerospaziale con Francia e Germania, per la sua Siberia non c’è futuro”. Con il terzo membro della troika, Sergej Naryshkin, entriamo nel romanzo. “Naryshkin è il più strano dei tre, appartiene alla famiglia della madre di Pietro il Grande. Parliamo di personaggi importantissimi alla corte di Pietroburgo. Una Naryshkin di grande bellezza fu la moglie morganatica dell’ultimo zar, Nicola II, al quale diede un figlio perfettamente sano, a differenza dello zarevic che era emofiliaco. Stalin, da grandissimo snob, ne decretò la carriera, facendone un colonnello e un generale del Kgb fino al 1947, anno della morte. Quando Gorbaciov sciolse il Kgb, nacque l’Fsb con due direttori, quello per lo spionaggio interno e quello per l’estero. Putin si è annesso tutto il servizio di intelligence del primo, lasciando al secondo l’est Europa, l’Ucraina, il Caucaso e le regioni del vecchio impero sovietico, e nel 2016 l’ha affidato a Naryshkin, divertendosi a umiliarlo in pubblico prima di invadere l’Ucraina”.

Un altro segno di scollamento sono le ultime mosse del ministro degli Esteri. “Sergei Lavrov ha deciso di rimandare l’incontro in programma a Pechino, e i cinesi hanno capito che le cose vanno di male in peggio. In più ha già comprato un appartamento sull’East River a New York City, e ha fatto sapere che non tornerà più a Mosca”. Dunque per Putin si avvicina la fine? “Sarà come in un film di Mario Puzo, dove tutti erano amici e improvvisamente non lo sono più. Putin ha fatto rientrare dall’Africa il gruppo Wagner, per eliminare i suoi rivali, a cominciare da Zelensky.  Ma Putin ha mancato tutti i suoi obiettivi e in senso letterale e metaforico è rimasto senza benzina, come il suo esercito”. 

E come prevede la sua uscita di scena? “Non dobbiamo indulgere all’idea di farlo fuori. Anche se dopo Dongo non c’è stato un culto di Mussolini, in Russia, nel disastro generale, si rischia di avere un Santo Putin, con un gruppo di nostalgici che inneggiano al martire. Il che sarebbe assai malsano. Meglio trovargli una Sant’Elena russa, con pasti caldi, buoni libri e vodka, anche se è astemio, dove passare gli ultimi anni senza farne un martire della nuova Russia sacrificato agli americani e agli ebrei”. Il putinismo si sta sciogliendo, pensiamo a una Sant’Elena per Putin, ci dice Alexander Adler

Quanto al dopoguerra, Adler auspica uno scenario simile al 1945: “Quando gli americani presero il controllo di due terzi della Germania, lasciando il resto ai russi, invece di accanirsi contro il popolo tedesco diedero da mangiare ai bambini, promuovendo una politica umana che li resi simpatici sino alla fine del comunismo. Dovrebbero fare la stessa cosa in Russia, stimolando energie nuove e rafforzando i poteri regionali”.

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