il racconto da kyiv

Come fanno gli ucraini a sapere dove passano i convogli russi dei rifornimenti

Daniele Raineri

L'esercito di Kyiv ha capito che colpire i rifornimenti invece che le avanguardie corazzate lascia il fronte dei nemici senza le risorse necessarie ad avanzare

Kyiv, dal nostro inviato. La tattica più rappresentativa di questa guerra di resistenza da parte dell’Ucraina contro la Russia è l’imboscata contro i convogli russi di rifornimento – a vedere i dati degli scontri dopo due settimane di conflitto. Gli invasori hanno perso circa mille mezzi militari (questo rende credibile la stima del Pentagono, che parla di un numero di soldati russi morti compreso tra i duemila e i quattromila) e di questi la maggioranza, secondo i siti di raccolta di intelligence pubblica che si occupano di tenere il conto grazie alle foto e ai filmati che arrivano dall’Ucraina, sono mezzi che appartenevano ai convogli che si occupano di logistica e non mezzi impiegati in prima linea. Di questi mezzi persi dai russi inoltre il sessanta per cento non risulta nemmeno distrutto, ma catturato o abbandonato, che è quello che succede durante un agguato. 

 

Il concetto alla base di questo modo di fare la guerra è semplice, ma l’applicazione è difficile. Vediamo. Le forze ucraine cercano di non impegnare il grosso delle loro risorse in scontri diretti contro le forze russe, anche se a volte è inevitabile, perché accettare un combattimento contro chi ha una potenza di fuoco superiore vuol dire perdere uomini e mezzi. E infatti il numero dei mezzi persi dagli ucraini è uguale grossomodo a quello perso dai russi, con la differenza che i russi ne hanno di più e possono colmare i buchi che si formano nei loro reparti grazie a mezzi che arrivano dalla Russia. Invece gli ucraini sono costretti a sopportare le perdite senza possibilità di recuperare. Del resto il terreno del paese, grandi pianure quasi senza rilievi che connettono le città, favorisce chi ha più carri armati, più artiglieria e più aerei, quindi le forze del presidente russo Vladimir Putin.

 

Ma tutti questi mezzi hanno bisogno di costante rifornimento da parte dei depositi nelle retrovie per funzionare. I carri consumano una quantità enorme di carburante perché sono pesanti e si muovono su un terreno cedevole e i soldati hanno bisogno di cibo e munizioni. Putin li ha tenuti in attesa fermi al confine molto tempo per ragioni di politica, ma questo vuol dire che quando è arrivato l’ordine di invadere i reparti hanno attraversato il confine senza molte scorte e già dipendevano dai rifornimenti continui. Gli ucraini hanno capito che se si fa la guerra ai rifornimenti invece che alle avanguardie corazzate dei russi, il numero di mezzi e le pianure immense diventano un problema e non un vantaggio per i loro nemici. Colpire i convogli lascia il fronte senza le risorse necessarie ad avanzare. 

 

E così in questi giorni abbiamo visto decine di imboscate, o meglio: spesso ne abbiamo visto i segni, in forma di camion abbandonati, cisterne di carburante carbonizzate, interi convogli distrutti e lasciati nella neve o in mezzo ai boschi ucraini – e i social specializzati che seguono la guerra non riescono a tenere dietro ai video e alle immagini che raccontano questi agguati.  Il problema è che combattere questa guerra ai rifornimenti vuol dire mandare uomini molto in profondità, quindi chilometri dietro la linea del fronte, a fare operazioni di guerriglia. Piccoli gruppi, perché molti soldati si farebbero notare. Con quello che possono portare e niente di più, perché se si muovono con troppi mezzi si farebbero, di nuovo, notare, dalla sorveglianza russa. Le cellule ucraine attaccano i convogli e poi si dileguano. E’ molto probabile che usino anche le armi arrivate dai governi occidentali per aiutare l’Ucraina a rallentare l’invasione russa, inclusi i missili controcarro. 

 

Di queste unità si possono dire due cose, per il poco che ne sappiamo ora. La prima è che individuano con molta precisione i convogli da colpire. Certo hanno il vantaggio di conoscere bene il territorio, ma da giorni è chiaro che l’intelligence americana segue gli spostamenti dei russi e intercetta le loro comunicazioni – che spesso sono fatte in chiaro e non criptate – e quindi è probabile che nella caccia ai rifornimenti russi gli ucraini siano aiutati. Si tratta, del resto, di un aiuto discreto che non fa scattare le minacce russe di rappresaglia. La seconda è che queste unità stanno combattendo adesso una guerra partigiana, come se il paese fosse già occupato. Anticipano in qualche modo quello che succederà in caso di vittoria di Vladimir Putin, quando tutti gli ucraini che non vogliono accettare l’invasione russa saranno costretti a cominciare una guerriglia in stile mediorientale.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)