Per Israele è arrivato il momento di parlare di Ucraina

Era stato il presidente ucraino a chiedere a Gerusalemme di mediare: il governo israeliano ha dovuto cercare l'equilibrio tra la sua sicurezza e l'urgenza umanitaria

Micol Flammini

Il premier Bennett va a Mosca, incontra Putin, poi chiama Zelensky e vola a Berlino da Scholz. Oltre alla guerra, durante il colloquio al Cremlino si è parlato di Iran 

Sono state due le questioni al centro del colloquio di quasi tre ore tra Naftali Bennett e Vladimir Putin oggi al Cremlino: l’Ucraina e l’Iran. Il premier israeliano è volato a Mosca in fretta e quasi in segreto, gli unici a saperlo erano gli Stati Uniti, la Francia, la Germania e l’Ucraina. Dopo aver visto Putin, Bennett ha chiamato Volodymyr Zelensky e poi è volato a Berlino per incontrare il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Israele è uscita dal torpore, ha preso slancio e l'urgenza del viaggio si evince anche dal fatto che sia stato compiuto durante lo Shabbat, che Bennett osserva. 

 

 

Che a Mosca i due leader abbiano parlato di Ucraina lo ha ammesso lo stesso portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. Non sarà sfuggito a Gerusalemme che Odessa, uno dei centri ebraici più attivi del paese attaccato da Putin, è tra le città bersagliate: le comunità ebraiche ora stanno fuggendo e da quando i russi avevano incominciato ad accalcarsi lungo i confini dell’Ucraina avevano chiesto a società private israeliane di contribuire alla loro sicurezza.

L’altro argomento al centro dei colloqui è stato l’Iran e l’accordo sul nucleare al quale Israele si oppone. Mosca ieri aveva minacciato la tenuta dell’accordo al quale invece gli Stati Uniti tengono molto e hanno anche una gran fretta di concludere. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, aveva chiesto a Washington delle garanzie scritte sul fatto che le nuove sanzioni non avrebbero intaccato il commercio con Teheran, altrimenti Mosca era pronta a bloccare l’accordo. Poco dopo, il dipartimento di stato americano ha detto che le due cose non sono legate, segno del fatto che ha fretta di andare a Vienna e firmare le carte con l’Iran. Gerusalemme è convinta che l’accordo non limiterà in alcun modo il programma nucleare di Teheran, e che senza le sanzioni militari l'Iran sarà sufficientemente libero di avere altro denaro da spendere per le guerre in medio oriente. 

Da quando Mosca ha invaso l’Ucraina, Israele si è comportata in modo ambiguo. Il giorno dell’attacco, Bennett non ha citato Putin neppure una volta e si è limitato a dire che pregava per la pace e sosteneva il dialogo. Poi Zelensky ha iniziato a criticare con forza la vaghezza di Bennett e anche il premier israeliano ha deciso di uscire dall’ambiguità. C’era stata un’altra macchia nei rapporti tra Gerusalemme e Kyiv prima che la guerra scoppiasse: il governo israliano non aveva voluto vendere all’Ucraina il potente e precisissimo sistema antimissile Iron Dome. Israele in questi giorni ha cercato di trovare una mediazione tra i suoi rapporti con la Russia che sono anche un sostegno alla sicurezza – Mosca sorveglia i cieli siriani – e il restare allineato con le democrazie occidentali. 

A chiedere a Israele di fare da mediatore è stato lo stesso Zelensky che più volte però è rimasto deluso dal comportamento di Bennett. Alcuni retroscena raccontano che venerdì sera il presidente ucraino non avrebbe voluto parlare con il premier israeliano perché sapeva della visita a Putin: è stato il primo a incontrarlo dall’inizio della guerra. Gli israeliani però smentiscono questa ricostruzione. 

Bennett ha portato con sé a Mosca il ministro per l’edilizia Ze'ev Elkin, che non soltanto ha fatto da traduttore come fa da decenni, ma la sua presenza era anche simbolica: è nato a Kharkiv, una delle città martoriate dai bombardamenti russi, e ha un fratello in Ucraina al quale Zelensky avrebbe offerto di entrare a far parte della sua squadra nel 2019.   

La prossima settimana Israele manderà ospedali da campo in Ucraina, ha già inviato aiuti umanitari, ma Kyiv chiede un impegno maggiore: Putin giustifica la sua azione militare come una denazificazione, le accuse di nazismo sono prive di fondamento, lo stesso Zelesnky è di origini ebraiche. Dopo essere stato da Putin, Bennett è andato a Berlino da Scholz, con il quale si era già incontrato mercoledì a Gerusalemme e, prima di partire per Mosca,  aveva anche parlato con il presidente francese, Emmanuel Macron. Un funzionario dell’Eliseo ha detto al quotidiano israeliano Haaretz che l’obiettivo è ottenere un cessate il fuoco.

 

La diplomazia va avanti nonostante i combattimenti sul campo non diminuiscano, oggi Mosca ha ignorato il cessate il fuoco necessario per l'apertura dei corridoi umanitari nelle città di Mariupol’ e Volonovakha e Putin in un discorso ha minacciato l’Ucraina di scomparire come stato. Lunedì si terranno i nuovi colloqui tra le delegazioni ucraina e russa, sarà il terzo appuntamento. I primi due non hanno portato risultati, bisogna vedere se l’impegno di Israele, i viaggi di Bennett, lo slancio verso una nuova responsabilità, avranno un influsso sul prossimo incontro.

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.