Chi si sta unendo alla “legione internazionale” voluta da Kyiv

Paola Peduzzi

Gli idealisti, i "turisti" e gli estremisti. "Naturalmente alcuni fanno parte di più di una categoria”, dice Christopher Miller

“Chiunque vuole unirsi alla difesa dell’Ucraina, dell’Europa e del mondo può venire e combattere fianco a fianco con gli ucraini contro i crimini di guerra russi”, ha detto il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in uno dei messaggi con cui sta costruendo la risposta, la fierezza dell’Ucraina contro Vladimir Putin. Questa fierezza è parte di ciò che il presidente russo non ha calcolato, lui che ha sottovalutato molti fattori quando ha deciso di attaccare l’Ucraina e ora si trova di fronte alla più grande resistenza diplomatico-militare immaginabile senza volere, per alcuna ragione, essere quello che ha perso. Le prossime giornate saranno decisive e con tutta probabilità violentissime, lo sa anche Zelensky che chiede di unirsi all’Ue, di essere uguale a noi europei, e che chiama a raccolta combattenti da tutto il mondo, visto che i soldati occidentali non entreranno nella guerra. Ha creato la “legione internazionale”, il ministero della Difesa ha detto di aver ricevuto centinaia di richieste dall’estero per far parte di questa legione. 

 

I volontari stranieri partecipano al conflitto ucraino contro la Russia già dal 2014 e nel 2016 il governo di Kyiv ha dato loro la possibilità di avere un contratto rinnovabile ogni tre anni per dare sostegno all’esercito ucraino. Secondo le informazioni e le testimonianze raccolte dai media internazionali, sono soprattutto americani e canadesi ad aver risposto ora con più slancio all’appello di Zelensky: Mélanie Joly, ministro degli Esteri canadese, ha detto che la scelta di andare a difendere gli ucraini è individuale e che il suo governo non farà nulla per ostacolarla. Lo stesso hanno fatto i governi di Danimarca e Norvegia. Il dipartimento di stato americano non ha rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale,  mentre il ministro degli Esteri inglese, Liz Truss, ha detto che sostiene chi vuole andare a difendere “l’Ucraina e l’Europa”. La Slovacchia invece ha fatto presente che non si può arruolare in un esercito straniero e anche il governo australiano ha detto che sarebbe più opportuno non andare a combattere. 

 

L’Independent ha scritto che decine di ex soldati e di civili dal Regno Unito e dai Paesi Bassi stanno raccogliendo fondi per raggiungere l’Ucraina: sui social ci sono tutte le istruzioni per rispondere all’appello, tutte le  indicazioni per passare il confine ucraino e su quale equipaggiamento sia meglio avere. Christopher Miller, che sta raccontando su BuzzFeed questa guerra con uno sguardo unico, ha descritto  un gruppo di dieci ex soldati con una formazione nella Nato, sei americani, tre inglesi e un tedesco, esperti di controterrorismo. Miller ha cercato anche di capire, analizzando i flussi di combattenti stranieri che dal 2014 sono arrivati in Ucraina, quali sono le loro motivazioni: “Ci sono gli idealisti – dice –  che pensano che i loro paesi d’origine non stiano facendo abbastanza per mantenere al sicuro le libertà degli ucraini. Ci sono poi i ‘turisti’, che saltano da un conflitto all’altro in cerca di avventura e soldi. E poi ci sono gli estremisti che vedono in questo appello l’opportunità di riunire i propri gruppi paramilitari di estrema destra. Naturalmente alcuni fanno parte di più di una categoria”. La Reuters ha raccolto le parole di un ventitreenne di New York che dice: “Non voglio essere un eroe né un martire, voglio fare la cosa giusta”, so cucinare, so come aggiustare i motori, so tenere in mano un’arma da fuoco. Parte dell’accoglienza è gestita dalla legione nazionale georgiana, che opera in Ucraina dal 2014: prima era nel Donbas, oggi fornisce un posto dove dormire, cibo e addestramento nella propria base agli stranieri in arrivo dai paesi della Nato.

 

Il ministro della Difesa ucraina, Dmytro Kuleba, ha detto che l’accesso al paese è difficile, ma che farà di tutto “per facilitarlo il più possibile” a chi vuole venire a difendere l’Ucraina, non solo soldati, ma anche chi può dare assistenza umanitaria. C’è chi teme molto le ragioni di questo flusso piccolo ma molto motivato di combattenti, e c’è chi invece dice: sono i boots on the ground che l’occidente ha deciso di non mandare.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi