(foto Ansa)

editoriali

“Amnesty International” contro Israele

Redazione

La ong dimentica la storia e in un rapporto demonizza lo stato ebraico

"Hamas, Hezbollah e Iran vogliono eliminare Israele come lo conosciamo, ma chi avrebbe mai pensato che avrebbero trovato alleati in Amnesty International?”. Così si apre un editoriale non firmato del Wall Street Journal. Un rapporto di 211 pagine della ong dei diritti umani etichetta Israele come uno stato di “apartheid” che merita l’obbrobrio morale e la sanzione legale dell’occidente. Il gioco linguistico ha un effetto potentissimo. Poche parole sono più politicamente cariche di “apartheid”, il sistema di separazione razziale in Sudafrica fino all’inizio degli anni 90. Il mondo ha ostracizzato e boicottato il paese fino a quando il governo di Pretoria sotto il presidente de Frederik de Klerk ha rilasciato Nelson Mandela dalla prigione e ha negoziato un processo per porre fine all’apartheid.

Il rapporto di Amnesty è un lungo atto d’accusa contro Israele che tenta di dimostrare che è uno stato di apartheid per il modo in cui tratta i palestinesi nello stato ebraico e nei territori della Cisgiordania e di Gaza. Il rapporto di Amnesty non è un’altra denuncia degli insediamenti israeliani, ma  dell’esistenza stessa di Israele come rifugio per il popolo ebraico. Il rapporto tratta il 1948, l’anno di fondazione di Israele, come il peccato originale da cui derivano tutte le altre offese. Si tratta di una diffamazione che distorce la storia. Amnesty non prova neanche a spiegare perché Israele ha dovuto combattere dal 1948 o perché Hamas  lanci missili in Israele da Gaza dopo la sua evacuazione nel 2005. Soprattutto, il rapporto ignora del tutto che Israele è una democrazia che accorda più diritti ad arabi e palestinesi di qualsiasi altro stato nella regione. Diffamare, distorcere, demonizzare. E qualcosa resterà…

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