
Ecco i megafoni sovranisti della propaganda russa
Da Zemmour a Carlson, passando per molta Europa si dice che l’occidente fa salire la tensione, manda truppe, minaccia sanzioni, e che per forza poi Mosca deve difendersi
Quando si sente aria di guerra, la propaganda russa riprende forza, o forse notiamo di più i suoi megafoni in occidente che alzano il volume. Quelli che noi da questa parte di mondo consideriamo periodi di pace, di là in Russia non sono mai di pace: servono per organizzarsi, per continuare con interferenze e ingerenze senza essere troppo visti. Poi s’ammassano i militari russi alla frontiera ucraina, Mosca occupa di fatto la Bielorussia con il beneplacito del regime di Lukashenka, e parte vigorosa la propaganda: ci stiamo difendendo, perché siamo sotto attacco. L’account dell’ambasciata russa a Londra, uno dei più attivi, riprende slancio e pubblica i suoi debunking contro il paese ospitante, il Regno Unito, che è il paese che finora si è più esposto nella difesa dell’Ucraina dall’aggressione russa. Gli argomenti sono i soliti: nel 2014 non fu la Russia a invadere l’Ucraina e a occupare la Crimea, ma furono gli americani e la Nato a sostenere il golpe del febbraio di quell’anno a Kiev e i nazionalisti ucraini; la Nato ammassa truppe e fa esercitazioni, la Russia si difende, e via così nella solita, pericolosa mistificazione di aggressori e aggrediti. Gazprom pure, forte della sua posizione, rilascia comunicati-troll: le riserve di gas in Europa e in Ucraina sono ai minimi, in compenso ci sono record di vendite alla Cina. Il messaggio è forte e chiaro, e pensare che sui mercati il colosso russo ha perso più del dieci per cento del suo valore.
Poi ci sono quelli che, per quanto ne sappiamo, non sono a busta paga del Cremlino e che quindi non dovrebbero avere tra le loro mansioni quella di strillare la propaganda russa. E invece: dai pacifisti di Stop the War (inglese) alla destra trumpiana di Fox News (americana), passando per i nazionalisti francesi, ungheresi, tedeschi e italiani si dice che l’occidente fa salire la tensione, manda truppe, minaccia sanzioni, e che per forza poi Mosca deve difendersi. Éric Zemmour, candidato alla presidenza francese di estrema destra, ha detto in tv pochi giorni fa: “Vladimir Putin non è un bambino quindi non siamo nella condizione di porgli dei limiti: è un grande capo di stato, bisogna rispettarlo. Cerca di costruire uno scudo di protezione e gli americani passano il loro tempo a mangiare pezzo dopo pezzo questo scudo”.
Ma il più potente in questo settore è Tucker Carlson, sempre lui, l’anchorman di Fox News che ha superato Trump a destra e che sostiene che l’attacco al Congresso del 6 gennaio è stato opera degli antifa, che vaccini e pass sono propaganda liberal e che “la Nato è stata creata per tormentare la Russia”. Carlson, che in Europa abbiamo imparato a conoscere soprattutto per la sua passione per il premier ungherese Viktor Orbán, ha iniziato già da dicembre a battere sulla questione, raccontando l’invio di truppe russe al confine ucraino come una mossa difensiva di Putin. Si è così conquistato la sua audience e pure molte citazioni nelle tv russe, portando a compimento, un’altra volta, uno dei paradossi del nazionalismo. Carlson racconta un’America tanto belligerante quanto fragile perché guidata dai liberal, così Putin si convince che questo è il momento migliore per attaccare, essendo l’occidente in declino: potremmo chiamarlo il nazionalismo contro la propria nazione, se non fosse che il prezzo di questo autosabotaggio lo paga soprattutto chi nazionalista non è.


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