Long game

Nei calcoli di Biden non c'è soltanto l'Ucraina ma la presenza stessa dell'America in Europa

Paola Peduzzi

Secondo la superesperta Fiona Hill, l’obiettivo finale di Putin è espellere gli Stati Uniti dall'Unione

I piani del Pentagono sono arrivati sulla scrivania di Joe Biden e gli analisti dicono che l’Amministrazione americana si sta allontanando dal suo primo approccio alla Russia: la cosiddetta “strategia di non provocare Vladimir Putin”. In realtà la Casa Bianca cerca di ridimensionare queste analisi e dice che non c’è un cambiamento, che Biden ha sempre detto che gli Stati Uniti e la Nato si sarebbero preparati per essere pronti nel caso Putin decida, infine, di utilizzare tutti quei soldati che ha ammassato ai confini con l’Ucraina. Ma le molte speculazioni sono figlie di una spaccatura dentro la stessa Amministrazione: da una parte ci sono i falchi sostenuti dall’esterno da Evelyn Farkas, che lavorava al Pentagono ai tempi di Obama e che insiste per un maggior coinvolgimento americano in difesa dell’Ucraina. 

 

Dall’altra ci sono le colombe, o gli attendisti, che non hanno un leader di riferimento perché, sostengono alcuni, non ne hanno bisogno, potendo già contare sullo stesso Biden. Ma anche queste potrebbero essere malignità, visto che il personale americano è stato evacuato dall’Ucraina e visto che il segretario di stato Antony Blinken, di ritorno dal suo incontro con il suo omologo russo Sergei Lavrov, ha detto in sostanza: siamo pronti a tutto. Il grande interrogativo irrisolto è che cosa voglia fare Vladimir Putin e quando, e in attesa della sua prossima mossa si lavora alla difesa e a cercare di comprendere gli obiettivi  russi. Su quest’ultima questione è intervenuta, sempre sul New York Times, Fiona Hill, forse una delle persone più esperte della Russia in circolazione in America (da stagista dell’emittente Nbc, nel 1987 seguì dentro l’Unione sovietica la firma del primo trattato tra Ronald Reagan e Michail Gorbaciov) che ha lavorato nell’Amministrazione di Bush Jr, di Obama e anche di Donald Trump (testimoniò durante il primo processo di impeachment dell’ex presidente).

 

Fiona Hill ripercorre la storia degli anni Duemila dei rapporti americani e russi riguardo all’Ucraina,  ed esordisce ricordando la frase che Putin disse a George W. Bush nell’aprile del 2008: “George, devi capire che l’Ucraina non è nemmeno una nazione”. Allora la Nato aveva annunciato che l’Ucraina e la Georgia avrebbero potuto iniziare le procedure di adesione all’Alleanza, e Putin considerava esattamente come oggi quell’annuncio come una dichiarazione esplicita di belligeranza: di lì a poco infatti avrebbe invaso la Georgia. Secondo la Hill però l’obiettivo di oggi del presidente russo è più grande rispetto a quello immediato di chiudere la “porta aperta” della Nato per parecchi anni a venire: “Vuole espellere gli Stati Uniti dall’Europa – scrive – o come la metterebbe lui: ‘Addio America. Non farti schiacciare dalla porta mentre te ne vai’”. Per spiegare questa sua dichiarazione molto dura, la Hill ricorda non soltanto di essere particolarmente informata dei fatti avendo osservato Putin da vicino negli ultimi due anni, ma anche che questa escalation russa è “davvero intenzionale”. Il presidente russo, secondo questa ricostruzione, pensa che l’America sia in una fase molto critica, indebolita al suo interno e in ritirata all’estero, un po’ come era l’Unione sovietica trent’anni fa, quando crollò e perse la sua posizione dominante in Europa. E’ il momento di far ingoiare la stessa pillola amara della dissoluzione e della perdita del potere anche agli americani, insomma, e il momento è propizio.

 

L’Ucraina è allo stesso tempo “un obiettivo della Russia e una fonte di leverage contro gli Stati Uniti”, sostiene la Hill, perché, come ripetono molti emissari russi, Mosca “non ha bisogno della pace a ogni costo”, mentre Washington sì. Per questo, nelle sue richieste, Putin non soltanto chiede garanzie sulla porta chiusa della Nato ma anche che gli americani ritirino le proprie forze e le proprie armi, comprese quelle nucleari: pensa di avere qualche possibilità di ottenere quello che chiede. Questo maestro “dell’imposizione coercitiva”, come lo definisce la Hill, ha già fatto i suoi calcoli sull’eventuale aggressione  all’Ucraina: intanto ha messo in conto che ci saranno ulteriori sanzioni da parte dell’occidente. Ma soprattutto Putin conta sul fatto “che alcuni alleati della Nato saranno restii ad accettare queste misure sanzionatorie e che altri cercheranno di voltarsi dall’altra parte”. Ma certo c’è la possibilità che invece le pressioni internazionali e gli interventi di altri paesi contro la Russia possano almeno rallentare la volontà di guerra e di espansione di Putin. Per questo, conclude la Hill, è quanto mai importante per l’Amministrazione americana oggi non soltanto prepararsi militarmente ma essere certa di saper costruire una coalizione di paesi che sostenga l’impegno a lungo termine degli Stati Uniti non soltanto in Ucraina (“la Russia pagherà un prezzo alto” se invade, ha detto Biden) ma anche nella stessa Europa: “Altrimenti questa saga può davvero marcare l’inizio della fine della presenza americana sul continente europeo”.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi