L'uomo sbagliato

I dubbi di Kiev sull'aiuto dell'occidente e l'imperativo: restiamo calmi

Micol Flammini

Le informazioni britanniche sul piano di Mosca di insediare un governo fantoccio hanno lasciato gli ucraini esitanti. Le evacuazioni delle ambasciate li spingono a chiedersi se i partner occidentali fanno sul serio. L'Ucraina cerca di evitare allarmismi, stringe i denti e fa il conto dei possibili danni, non soltanto militari

La linea del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, è sempre la stessa: rimanere calmi. Ieri lo ha ripetuto anche al presidente del Consiglio europeo Charles Michel: saremo pazienti, non risponderemo a provocazioni, ci coordineremo con i nostri partner. I partner dell’Ucraina sono i paesi europei, la Nato e gli Stati Uniti, ma non tutti a Kiev sono convinti che qualora la Russia dovesse attaccare  gli alleati davvero sarebbero al loro fianco. C’è stato uno show di solidarietà: il Regno Unito, i paesi baltici, la Spagna, anche gli  Stati Uniti hanno inviato armi a Kiev.   Ma la capacità dell’esercito ucraino rimane comunque inferiore a quella russa e a Kiev lo sanno. Sanno anche che le armi ricevute dai partner non sono abbastanza per competere contro quelle russe. Il presidente però continua a ripetere che non serve l’isteria.  Anche quando il capo della Casa Bianca Joe Biden si è detto certo che ci sarà un attacco russo sul territorio ucraino, Zelensky ha detto ai suoi cittadini di rimanere calmi.  L’Ucraina ringrazia i partner occidentali per lo sforzo, sanno bene chi sta tendendo loro la mano e chi no: a Kharkiv, città ucraina lungo il confine orientale ci sono manifestazioni contro l’ostruzionismo dei tedeschi e a Leopoli, a ovest, si offre vino agli inglesi. Ma nessuno ha gradito la decisione di Stati Uniti e Regno Unito di evacuare parte del personale delle ambasciate di Kiev. E’ un segno di instabilità, di fuga, fuori luogo per una nazione che cerca di trovare un compromesso tra il resistere all’ansia e il farsi trovare pronta, qualsiasi cosa accada. A Kiev non suonano i tamburi di guerra, continuano a ripetere dalla capitale, dove i cittadini si accodano al loro presidente e ritengono insensate le decisioni degli alleati: fanno sfoggio di normalità e si dicono pronti a combattere.  

 

La scorsa settimana il governo britannico ha accusato il Cremlino di voler insediare un leader fantoccio a Kiev, un nuovo presidente vicino al Cremlino. Si tratta di un report del Foreign Office, che ha fatto anche un nome. Si tratterebbe di Yevhen Murayev, politico filorusso e proprietario di un canale televisivo, Nash, Nostro. Il primo a parlare di colpo di stato, fu lo stesso presidente Zelensky, era  novembre e diceva di essere al corrente di un piano per essere sostituito. Ma il rapporto del governo britannico ha lasciato gli ucraini esitanti. Non che non si aspettino un golpe, una manovra per reinsediare un governo vicino a Mosca come era quello dell’ex presidente Viktor Yanukovich, ma non credono che sarebbe Murayev l’uomo su cui puntare per un colpo di stato. In base alle informazioni britanniche – e secondo la Cnn anche gli Stati Uniti avrebbero informazioni simili ma i personaggi coinvolti sarebbero diversi – il Cremlino sarebbe in contatto con quattro politici filorussi. Il ministero degli Esteri di Mosca ha negato tutto, ha detto che si tratta di disinformazione. Ma quello che spinge anche gli ucraini a non prendere troppo sul serio le rivelazioni del Foreign Office britannico è proprio la figura di Murayev. E’ un politico molto filorusso che ha anche una certa popolarità grazie alla sua presenza nei media, ma nel 2018 è stato sanzionato dal Cremlino, con il quale ha un rapporto piuttosto difficile. Se da un lato ha sostenuto le posizioni russe nel Donbass e ha anche chiamato le proteste di Euromaidan un colpo di stato occidentale, dall’altro non va d’accordo con Viktor Medvedchuk, uno degli uomini più vicini al Cremlino in Ucraina.  Murayev è anche stato uno dei primi a denunciare il legame tra Medvedchuk e l’ex presidente ucraino Petro Poroshenko, ora accusato di tradimento. Murayev ha detto che le informazioni britanniche sono delle sciocchezze, e Volodymyr Fesenko, un politico vicino al governo e quindi né dalla parte di Murayev né dei russi, ha scritto su Facebook quello che molti analisti ucraini hanno sospettato, che l’intelligence britannica avrebbe abboccato a un gioco di disinformazione: Una fuga di notizie voluta dalla Russia, che riflette anche la concorrenza tra i vari gruppi ucraini che sono dalla parte di Mosca. Un altro segnale di allarme, di confusione lanciato verso un paese che cerca di mantenere la calma. 

 

Secondo un sondaggio del Kiis, istituto di ricerche di Kiev, gli ucraini si aspettano qualche tipo di aggressione e credono anche che  le loro autorità non si stanno comportando come si deve. Il punto è piuttosto che credono che ci si stia concentrando troppo sulla guerra, sulle manovre militari, quando in tanti  temono piuttosto una guerra informatica o psicologica, si lamentano che i partner occidentali ascoltano poco, guardano altrove, ma agitano molto. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.