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l'intervista

L'ambasciatore Masset ci racconta le priorità del semestre francese alla guida del Consiglio dell'Ue

Micol Flammini

"L’Ue tutta insieme è in grado di rispondere meglio alle difficoltà. L’interdipendenza è stata la prima scoperta davanti alla quale ci ha posti la pandemia, ma in questi anni anche un altro concetto macroniano ha dimostrato il suo fondamento: il rilancio, la ristrutturazione, l’innovazione della nostra Europa"

È raro, o forse unico, che una presidenza del Consiglio dell’Ue inizi con così largo anticipo. Emmanuel Macron, che di questo semestre sarà il punto di riferimento, aveva calcolato bene come arrivarci preparato. Aveva allineato le pedine con ordine, ma forse non si sarebbe  aspettato di trovare una congiuntura europea tanto favorevole e un assetto mondiale così propenso a dimostrare che il rilancio dell’Ue, di cui lui parla dalla sua prima candidatura all’Eliseo, non sia più soltanto un ambizione ma una necessità. Poi ci sono le coincidenze: una pandemia che ha mostrato quanto l’Ue tutta insieme sia in grado di rispondere meglio alle difficoltà, anche a quelle più tragiche. E un’Italia che può spendersi il nome di Mario Draghi per chiedere le riforme necessarie al Patto di stabilità assieme alla Francia.

La presidenza del semestre è un cantiere che è già stato aperto nel 2017 e che ruota attorno a un concetto importante, quello di un’Ue veramente sovrana. Christian Masset, ambasciatore di Francia in Italia, ha detto al Foglio che “Emmanuel Macron, dall’inizio della sua esperienza presidenziale, ha puntato sulla necessità di avere una dimensione europea per poter affrontare le sfide grandi e complesse che abbiamo davanti”. Le sue intenzioni le ha citate chiaramente durante il discorso della Sorbona, che aveva la forza di un discorso programmatico. “Di quel discorso sono già stati realizzati diversi punti, come l’obiettivo di neutralità del carbonio entro il 2050, l’adozione di un fondo europeo per la difesa, la revisione delle regole sul lavoro distaccato, la riforma del copyright. Ma è stato durante la pandemia, la sfida più grande che il nostro continente abbia affrontato dagli anni Cinquanta, che abbiamo veramente capito il valore della nostra interdipendenza: quello che accade in un paese europeo ha effetti sugli altri, nel bene e nel male. Ma soprattutto abbiamo capito che se agiamo in ordine sparso non ce la facciamo: è necessaria una risposta comune”. 
L’interdipendenza è stata la prima scoperta davanti alla quale ci ha posti la pandemia, ma in questi anni anche un altro concetto macroniano ha dimostrato il suo fondamento: il rilancio, la ristrutturazione, l’innovazione della nostra Europa. “Il Next generation Eu – il programma da 750 miliardi per finanziare investimenti e riforme nei paesi membri – è stato un progetto comune che rispondeva a questo principio di rilancio. Ora, senza questo programma, l’Ue non starebbe trainando la crescita mondiale. Invece stiamo correndo, come dimostrano le prospettive di crescita per la Francia e l’Italia. Ma questo senza l’Ue non sarebbe stato possibile”. Il concetto di sovranità è l’asse di questa presidenza, dice Masset, “questo è un momento in cui noi europei desideriamo che l’Ue sia padrona del proprio destino, non abbiamo un altro modo di essere protagonisti se non tutti insieme, tra europei, e per questo serve lo sviluppo di una vera autonomia strategica. Solo così saremo all’altezza delle grandi sfide internazionali e solo l’Ue ci darà la scala necessaria per esserlo”.

 

Masset elenca le tre priorità del semestre: rilancio, potenza e appartenenza. La prima ha molto a che fare con l’economia e in questo è cruciale il rapporto con l’Italia, come si è visto nell’editoriale che Emmanuel Macron e Mario Draghi hanno pubblicato sul Financial Times e in cui indicano la necessità per l’Ue di darsi regole diverse, una maggior integrazione politica, un coordinamento fiscale che consenta la condivisione degli investimenti e quindi del debito. Con il Trattato del Quirinale, firmato a fine novembre, Italia e Francia si sono date un loro codice e secondo Masset, l’accordo “mette fine a un’anomalia, non avevamo una cornice che permettesse di rendere più feconde le nostre convergenze e anche di discutere di più sulle divergenze. Ora abbiamo l’occasione di trasformare le convergenze in qualcosa di più: in posizioni e azioni comuni”. Ma l’Ue, ribadisce l’ambasciatore, non è mai un gioco a due – sia che si tratti di Italia e Francia o del ben oleato motore franco-tedesco che Masset definisce un’ottima macchina per fabbricare la sintesi –  oppure a tre, è un gioco molto ampio, e nulla si muoverà se nelle discussioni non verranno coinvolti tutti i paesi membri
Lo stesso principio non vale soltanto per le regole economiche, ma anche per la seconda priorità della presidenza, la potenza. La discussione sull’autonomia strategica avrà un appuntamento importante a marzo. “Anche sulla difesa ho notato che in questi anni ci sono stati progressi, la difesa europea non va vista come un sostituto della Nato, ma come complementare. Gli Stati Uniti non vogliono  intervenire  ovunque, per l’Ue è necessario fare la sua parte. Non possiamo attendere, dobbiamo avere pronta una risposta europea”. Su questo punto Francia e Italia sono d’accordo, ma qualche elemento di divergenza tra i nostri due paesi esiste. Macron ha posto l’accento sulla riforma di Schengen e per come la immagina lui, per l’Italia non è conveniente. Per l’ambasciatore Masset le differenze nell’approccio alla gestione della migrazione  sono legate innanzitutto a una questione geografica, l’Italia è un paese di primo approdo, la Francia di movimenti secondari, che ha registrato quasi 100.000 domande di asilo nel 2021. “Per ragioni obiettive abbiamo esperienze diverse dei flussi migratori, ma dobbiamo trovare la sintesi e siamo d’accordo su un punto essenziale : la risposta può essere solo europea e deve garantire un equilibrio tra la responsabilità e la solidarietà degli stati membri. Poi bisogna lavorare sulla dimensione esterna, con i paesi di transito e di partenza”, ma tutto deve avvenire in una cornice europea. E’ questo il mantra della presidenza francese. “Sulla riforma di Schengen, la Francia dice che senza la protezione delle frontiere esterne non ci può essere una libertà di circolazione sostenibile e sulla protezione delle frontiere c’è consenso, dobbiamo capire come farlo. Noi proponiamo due cose, una regia politica coordinata dello spazio Schengen, e un sistema di sostegno europeo ai paesi che hanno problemi di controllo alle frontiere esterne. Italia e Francia sono ugualmente preoccupate, e sono d’accordo sulla necessità di cambiare le regole senza ledere il diritto d’asilo”.

La terza priorità elencata da Christian Masset è l’appartenenza a una sistema di valori che forse abbiamo trascurato troppo a lungo, ma che Macron ha cercato di riportare al centro del dibattito, sia in Francia sia in Ue. Durante questo semestre ci saranno anche altre questioni centrali, come quella climatica o le sfide digitali, ma l’inquietudine nasce se si pensa a come la situazione potrebbe cambiare in pochi mesi. Ora tutto sembra in ordine, pronto per favorire cambiamenti positivi, ma rimane aggrappato alla politica dei singoli paesi. In Francia ci sono le elezioni presidenziali, in Italia ci sono quelle per il Quirinale che scuotono il governo. Forse la creazione di un’Ue sovrana, grande scommessa di questo semestre, ha prima questo grande ostacolo: liberarsi dai tormenti delle politiche nazionali.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.