L'intervista

Ehi, l'Europa ha ritrovato la sua capacità d'attrazione

Micol Flammini

Il politologo Parag Khanna ci spiega perché i nomadi digitali preferiscono l’Ue all’America

Il grande lockdown, il modo in cui, secondo Parag Khanna, verrà ricordata la prima fase della pandemia, ha fatto venire al mondo una gran voglia di movimento. Se non a tutto il mondo, sicuramente ha messo addosso ai più giovani la consapevolezza che spostandosi avrebbero potuto ottenere di più, di meglio e questo meglio, va solo cercato. Durante la pandemia, Khanna, che è un politologo e vive negli Stati Uniti, ha deciso di scrivere un libro consacrato proprio allo spostamento, “Move”. Prende in considerazione la voglia di emigrare, il modo in cui i paesi potrebbero cambiare, rischi, costi e sfide di questo desiderio di spostarsi, che nei secoli ha modellato le nostre società. “Il movimento – dice al Foglio – è bello, è estetico, è umano. A volte le persone emigrano per la voglia di farlo e basta”. Dalla pandemia è venuto fuori un modo nuovo di concepire il movimento e la comunità poco conosciuta dei nomadi digitali si è ingrandita di mese in mese. Sono soprattutto ragazzi, spesso liberi professionisti, che scelgono di lavorare in un posto diverso rispetto al loro luogo di residenza. “Oggi, sono al centro della guerra internazionale per accaparrarsi talenti, sono persone molto flessibili, più istruite della media, con buone competenze tecnologiche”, una ricchezza per i paesi. “Prima della pandemia, c’erano soltanto due paesi che avevano un programma di visti per i nomadi digitali, ora sono settantacinque.

 

La differenza l’ha fatta la pandemia: questo aumento non è stato una coincidenza, ma è stato dopo il lockdown che le persone hanno preso sempre di più in considerazione l’idea di prendere questi visti”. E’ aumentata la domanda e i paesi hanno aumentato l’offerta. Khanna è sicuro che questo nomadismo digitale non può che far bene alle società europee, può rinvigorirle e forse nessun altro posto, come l’Unione europea può trarre beneficio da questo fenomeno. “Gli americani si spostano sempre di più verso l’Europa, il contrario accade sempre meno. Se si viaggia a Berlino, Atene o Lisbona, si sente spesso parlare con accento americano. Gli americani si domandano che senso abbia vivere nella carissima San Francisco, oppure si chiedono perché dovrebbero continuare a vivere in un paese così politicamente polarizzato, o immersi nelle guerre culturali. Decidono di spostarsi, preferiscono l’Europa o l’America latina”. 

 

L’Ue può solo uscire rafforzata da questi cambiamenti e infatti sono tanti i paesi che hanno deciso di dotarsi in fretta di un programma di visti per nomadi digitali. Ultima, la Spagna. L’Estonia è una pioniera, ma ci sono anche Portogallo, Croazia, Grecia, Malta, Germania, Repubblica ceca, Romania. Ognuno con le sue agevolazioni, ognuno con i suoi obiettivi, ognuno cerca di attrarre questi lavoratori girovaghi ma molto determinati. Per Parag Khanna è un’occasione per far crescere le nostre società e l’Europa ha molti punti di vantaggio rispetto agli altri, ha politiche sociali inimmaginabili in altri posti che dai nomadi sono viste come una garanzia importante e ambita: “L’Ue può uscire vincitrice da questa corsa per attrarre nuovi talenti, può uscire abbellita, rafforzata, ha l’occasione di diventare più competitiva e ha molti punti di vantaggio: offre migliori condizioni di vita. Deve vendersi come una destinazione magnetica per questi possibili talenti, l’America ormai ha abdicato a questa prerogativa”.

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.