Un manifesto per la nuova Ue

Il debito Covid è di tutti. Ecco dove porta l'asse Draghi-Macron

Luciano Capone

Oltre la lettera sul Financial Times c’è di più. Con il piano fiirmato da Giavazzi & co. su fisco e debito Italia e Francia propongono un nuovo metodo per riformare il Patto di Stabilità e ridefinire obiettivi e strumenti dell'Unione europea

“Non c’è dubbio che dobbiamo abbassare i nostri livelli di debito pubblico. Ma non possiamo farlo con tasse più alte o tagli insostenibili alla spesa sociale, né possiamo soffocare la crescita attraverso aggiustamenti fiscali impraticabili”. Con un editoriale a sul Financial Times, Mario Draghi ed Emmanuel Macron avviano il dibattito sulla revisione del Patto di stabilità e delle regole fiscali Ue. L’intervento del premier italiano e del presidente francese, che come anticipato dal Foglio (15 dicembre) ha avuto una lunga gestazione, assume un notevole significato politico per gli equilibri europei. Perché oltre a una visione condivisa, alla base c’è un metodo comune di lavoro. 

 

Dal punto di vista dei contenuti, Draghi e Macron da tempo nelle loro dichiarazioni pubbliche avevano mostrato di avere posizioni complementari sia sugli obiettivi strategici dell’Ue sia sulla riforma degli strumenti per raggiungerli. “Dobbiamo approfondire l’agenda delle riforme e accompagnare queste trasformazioni con investimenti su larga scala in ricerca, infrastrutture, digitalizzazione e difesa. Abbiamo bisogno di una strategia di crescita dell’Ue per il prossimo decennio e dobbiamo essere pronti ad attuarla attraverso investimenti comuni e regole più adeguate”, scrivono. Si tratta di un “sovranismo” europeista, che richiede agli stati maggiore integrazione politica, coordinamento fiscale e condivisione degli investimenti (e quindi del debito). E che solo un paio di anni fa, ovvero prima della pandemia, sarebbe stata impresentabile o comunque velleitaria.

 

Ma ora la proposta Draghi-Macron, che sarà un po’ la base programmatica del semestre di presidenza francese, parte da due punti ormai largamente condivisi in Europa. Il primo è che la risposta dell’Ue alla crisi Covid è stata efficace e tempestiva. La sospensione del Patto di stabilità che ha permesso agli stati di spendere 1.800 miliardi di euro per aiutare famiglie e imprese, l’imponente stimolo monetario della Bce e il programma Next Generation Eu (Ngeu) da 750 miliardi per finanziare investimenti e riforme stanno consentendo una ripresa rapida che porterà i debiti pubblici (lievitati) a stabilizzarsi nel 2022. L’altro punto è che se l’Ue condivide ambizioni e progetti – ambiente, energia e difesa – allora deve avere nuove regole di bilancio coerenti con questi obiettivi. E proprio per questo motivo non avrebbe senso accantonare esperienze e strumenti, come il Ngeu, che si sono dimostrati efficaci in questa crisi.

 

Questi due nuovi punti, che possono preoccupare i paesi del nord Europa, nella visione di Draghi e Macron vanno affiancati a due pilastri della costruzione europea: il fatto che siano necessarie delle regole fiscali (e questo a smentire l’idea che l’Italia non le volesse più) e che la riduzione dei debiti sovrani sia un obiettivo strategico. Partendo da questi quattro punti, due nuovi e due tradizionali, Italia e Francia propongono di semplificare le regole di bilancio che “sono troppo oscure ed eccessivamente complesse” e che “hanno limitato le azioni dei governi durante le crisi”.

 

L’altro aspetto importante dell’iniziativa italo-francese è il metodo. In primo luogo non si tratta di un’azione ostile nei confronti di altri paesi, anzi ne erano stati già informati i principali leader europei tra cui il neo cancelliere tedesco Olaf Scholz. E’ quindi la base per un confronto e non l’inizio di uno scontro sulle regole fiscali. Inoltre, all’impulso politico è stato affiancato un lungo lavoro tecnico, il cui frutto è una proposta di “Revisione del framework fiscale europeo” elaborata dai loro consiglieri economici: Francesco Giavazzi, Veronica Guerrieri e Guido Lorenzoni (lato Draghi) e Charles-Henri Weymuller (lato Macron). Non si tratta della posizione ufficiale di Italia e Francia, ma di una proposta si potrebbe dire ufficiosa visto che è stata seguita in prima persona da Draghi e Macron e riflette la visione espressa nel loro intervento sul Financial Times.

 

Il documento di Giavazzi, Guerrieri, Lorenzoni e Weymuller introduce alcune proposte tecniche che faranno sicuramente discutere. Quella più difficile da far mandare giù ai paesi del nord Europa è la costruzione di un’agenzia europea (che può anche essere il Mes) che acquisti il “debito Covid” di ogni stato, ovvero quello prodotto per affrontare la crisi, e lo renda perpetuo facendo pagare ai singoli paesi solo il basso costo del suo rifinanziamento. L’altra proposta, più digeribile, è sulle regole fiscali più semplici: un obiettivo di medio termine affiancato a un tetto alla crescita della spesa primaria (anziché il complesso meccanismo che si basa sull’output gap); una Golden rule che esclude gli investimenti “per il futuro” (cioè per gli obiettivi strategici europei di cui sopra). Questi investimenti verrebbero ulteriormente incentivato perché, come il debito accumulato per fronteggiare shock tipo il Covid, sarebbero considerati “slow debt” e quindi a, differenza del debito ordinario, richiederebbero un rientro più graduale. E’ in pratica la traduzione tecnica della distinzione draghiana tra “debito buono e debito cattivo”.

 

I principi e le proposte tecniche sono sul tavolo: la discussione in Europa sulla riforma delle regole fiscali può partire.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali