La gauche pigra e passatista si frantuma in nove (possibili) candidati

Mauro Zanon

Potrebbero essere nove, alla fine, i candidati progressisti: tutti convinti di essere gli unici depositari dei valori progressisti, tutti, in realtà, acceleratori più o meno coscienti del suicidio politico della sinistra francese. Da Hidalgo a Mélenchon, passando per Mountbourg e (forse) Ségolène Royal

“Lo spettacolo sconfortante che la sinistra sta offrendo in questi ultimi giorni non è una sorpresa, era più che prevedibile. Non sta soccombendo ora, è da anni che sta morendo, ogni giorno di più. Non senza nostalgia e amarezza constato che la sinistra sta scomparendo perché ha rinnegato i suoi valori e la sua storia”. E ancora: “Quando ho avvertito che la sinistra poteva morire, volevo provocare un elettrochoc. Parlando di sinistre irriconciliabili, volevo che i repubblicani si distinguessero definitivamente dai comunitaristi. La sinistra sta morendo perché rifiuta di guardare in faccia la realtà e ostracizza tutti quelli che vogliono affrontarla”. Con queste parole, l’ex primo ministro Manuel Valls ha analizzato sul Journal du dimanche la situazione drammatica in cui versa attualmente la gauche francese, più divisa che mai tra socialisti, ecologisti e neogiacobini, e non più soltanto in crisi di identità, ma a rischio sparizione.

 

La sinistra, osserva Valls, sta morendo per colpa del suo “aveuglement”, perché, accecata dal politicamente corretto e dal wokismo di matrice americana, non ha più il coraggio di denunciare l’avanzata aggressiva dell’islamismo e le violazioni dei valori repubblicani in nome di ideologie radicali. Ma anche per via del suo “passatismo”, per l’incapacità di provocare uno strappo con totem anacronistici come le 35 ore, e di mettere da parte la sua ossessione antinucleare. Infine, constata l’ex premier, è la “pigrizia” che sta affossando la famiglia politica che fu di François Mitterrand: la pigrizia di chi non sa più parlare di lotta contro le diseguaglianze, di laicità e di difesa dei servizi pubblici, e ha lasciato “la nazione ai nazionalisti” e “l’assimilazione agli xenofobi”. “La sinistra può organizzare tutte le primarie che vuole, riunirsi attorno a partiti moribondi o a tribuni declinisti (…), ha comunque già perso”, secondo Valls. 


La diagnosi del figlio della “seconda sinistra” di Michel Rocard, quella che cercava di conciliare giustizia sociale e libero mercato e di andare oltre il super-io marxista del mitterrandismo storico, è spietata, certo, ma lucida se si osserva ciò che sta accadendo nel campo del progressismo. Mentre la destra neogollista ha già la sua candidata, Valérie Pécresse, designata attraverso le primarie meno litigiose della storia dei Républicains, la sinistra non sa trovare un punto di equilibrio e sembra destinata a presentarsi in ordine sparso al primo turno delle presidenziali. Fino a qualche mese fa, Anne Hidalgo, sindaca socialista di Parigi, era ancora indicata da molti come la donna che avrebbe riportato la “vera sinistra” all’Eliseo, come una Mitterrand al femminile, capace di riunire tutte le anime progressiste ed ecologiste di Francia attorno a un unico progetto. Poi però sono arrivati i sondaggi, che la danno tra il 3 e il 7 per cento, le stoccate di alcuni elefanti del Partito socialista, che la considerano troppo parigina, e il “no” secco da parte degli altri candidati progressisti alla sua proposta di organizzare le primarie per evitare la frammentazione. “Non siamo qui per salvare il Partito socialista”, ha dichiarato su France Info Yannick Jadot, leader degli ecologisti di Eelv, denunciando “l’atmosfera deprimente” che regna attorno alla candidatura della Hidalgo. “I socialisti che danno lezioni a tutta la sinistra hanno la responsabilità di scegliere tra il raggruppamento attorno all’ecologia o la candidatura socialista costi quel che costi”, ha aggiunto Jadot. 


Anche Jean-Luc Mélenchon, candidato della France insoumise, ha sbattuto la porta in faccia all’idea di una “Primaire populaire”, dal nome della piattaforma lanciata quest’estate da alcuni militanti ecologisti e a cui per ora aderisce soltanto Hidalgo. Dal canto suo, Arnaud Montebourg, ex ministro dell’Economia di François Hollande, continua a fanfaroneggiare, presentandosi come “il candidato della remontada”, nonostante i sondaggi lo accreditino tra l’1 e il 3 per cento. E poi ci sono i soliti Fabien Roussel, candidato del Partito comunista, gli anticapitalisti Philippe Poutou e Nathalie Artaud, senza contare che anche Ségolène Royal e Christiane Taubira stanno pensando di lanciarsi nella corsa per l’Eliseo. Insomma, potrebbero essere nove, alla fine, i candidati: tutti convinti di essere gli unici depositari dei valori progressisti, tutti, in realtà, acceleratori più o meno consapevoli del suicidio politico della sinistra francese.

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