Mosca e Minsk strattonano i confini ucraini mentre la Nato si riunisce

Micol Flammini

La Bielorussia annuncia esercitazioni militari vicino all'Ucraina e dice che la Crimea è Russia. Cosa deve fare l'Alleanza atlantica per evitare che la crisi alle frontiere di Kiev tornino in continuazione 

La Bielorussia sta spostando i suoi mezzi militari verso il confine con l’Ucraina, il dittatore Aljaksandr Lukashenka  ha detto che in caso di conflitto tra Mosca e Kiev non ci sono dubbi su chi sosterrebbe e così il suo ministro della Difesa ha annunciato che presto proprio lì, proprio sul confine, ci saranno delle esercitazioni militari congiunte tra Bielorussia e Russia. Non ha detto quando saranno, ma Minsk vuole far sentire che non può rimanere fuori dalla questione ucraina: guardano tutti lì e per dare fastidio è lì che bisogna andare con i carri armati. La Russia ha chiuso l’accesso alla regione di Voronezh per civili e giornalisti, una televisione locale ha mandato in onda le immagini dei checkpoint che non rassicurano chi teme che la spinta russa lungo i confini si possa trasformare in una vera invasione. Nelle stesse ore la Nato si è riunita a Riga per parlare di Ucraina e per lanciare qualche messaggio serio alla Russia, che però rischia di cadere nel vuoto. A Riga è arrivato anche Antony Blinken, il segretario di Stato americano, che ha più volte cercato di sottolineare quanto un’invasione russa potrebbe scatenare una guerra molto pericolosa. Ma la Nato rilascia dichiarazioni  contrastanti che lasciano venire fuori tutta la sua indecisione e forse è questo il punto principale: la sua indecisione lascia la Russia e la Bielorussia  più libere di minacciare. 

 

I commentatori russi che non la pensano come il Cremlino e quindi sono meno a conoscenza delle sue intenzioni  sono restii a pensare che la volontà della Russia sia davvero quella di entrare sul territorio ucraino. E hanno vari argomenti a loro favore. Il primo e più importante è che la Russia non combatte vere guerre da molto tempo. Infatti è diventata una specialista di guerre ibride, che hanno un obiettivo molto diverso: non vincere, ma infastidire, tormentare. Non cerca il coinvolgimento diretto delle nazioni occidentali, anzi cerca di agire in modo che le nazioni occidentali si sentano autorizzate a non reagire. Con questa politica militare del ricatto, Mosca utilizza l’Ucraina per far pressione, come era successo in primavera quando le truppe che premevano lungo i confini di Kiev fecero un passo indietro dopo che il presidente russo Vladimir Putin e l’americano Joe Biden annunciarono il loro incontro a Ginevra. 

Quando Putin vuole qualcosa si attacca all’Ucraina, preme, si fa minaccioso, costringe la Nato a lunghe riunioni che portano a pochi risultati. Ora anche Lukashenka ha scoperto la stessa tattica e nel momento in cui l’attenzione internazionale è ormai lontana dal confine tra la Bielorussia e l’Unione europea, dove i migranti sono ancora al freddo nella terra di nessuno tra i due blocchi, il dittatore bielorusso si è spostato lungo l’altro confine e durante un’intervista alla tv bielorussa ha detto  che la Crimea è russa e che lui non ha mai pensato il contrario: dal 2014 ha sempre detto il contrario. Ha imparato che l’Ucraina è il posto in cui bisogna essere presenti, quello in cui bisogna fare paura, quello che bisogna strattonarsi per infastidire l’ovest e corteggiare la Russia. Non è una situazione nuova e ora che tutti sono concentrati sulle domande che concernono il futuro dell’Ucraina – tutti tranne il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che invece è più preoccupato dal suo di futuro,   si tiene  stretti i fedelissimi  dentro alle sue istituzioni e allontana gli altri: ha paura di un golpe e lunedì ha licenziato il capo del controspionaggio ucraino – bisogna anche cercare il modo di prevenire che Kiev si trovi sempre al centro di queste tensioni. 

 

Yulia Latynina è una giornalista russa che si occupa da tempo del conflitto in Ucraina e in un articolo sulla Novaya Gazeta ha spiegato cosa dovrebbero fare Unione europea, Stati Uniti e Nato per fare in modo che la crisi non si ripresenti ciclicamente. Il primo consiglio è quello di aprire un dialogo costante con la Russia, ma questo è il tentativo che i paesi occidentali hanno fatto più volte e prima o poi il canale si è interrotto. Il secondo consiglio riguarda la serietà degli avvertimenti: bisogna chiarire che, in caso di guerra, i paesi occidentali sono pronti a intervenire e forniranno a Kiev tutto l’aiuto necessario per impedire la vittoria del Cremlino. La timidezza della Nato e delle nazioni occidentali permette che l’Ucraina sia vista come un terreno di scontro; dimostrare una volta per tutte che la Nato ha a cuore l’Ucraina: potrebbe essere il più grande deterrente alle minacce della Russia e ora anche della Bielorussia. 

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  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.