Christian Lindner (foto EPA) 

La nuova Germania

Che ministro delle Finanze sarà Lindner dipende anche da noi

Marco Cecchini

Dopo l'accordo di governo in Germania, il falco liberale sarà un po' meno falco del solito. Ma continuerà a essere il punto di riferimento di una certa opinione pubblica pronta a sgridare i paesi del sud Europa e il loro debito

La risposta alla domanda che tutti si fanno dopo l’accordo di governo tra socialisti, verdi e liberali in Germania – ovvero che cosa significa, soprattutto per l’Italia, la nomina del falco Christian Lindner a ministro delle Finanze – dovrebbe essere: dipende anche da noi. Perché è vero che il Lindner prossimo inquilino del Bundesfinanzministerium non è il Lindner che si è seduto al tavolo delle trattative sul programma della coalizione “semaforo” nella veste di segretario dell’Fdp. Le dichiarazioni roboanti rese in campagna elettorale – sì al freno al debito, sì al bilancio in pareggio, no alla revisione del Patto di stabilità – hanno lasciato il posto a una maggiore apertura al compromesso nei toni e nei contenuti. Ed è indubbiamente vero che la pandemia ha messo in soffitta, oltre a molto altro, il concetto di austerità espansiva che è stato alla base della politica economica in Germania e in Europa. Chi avrebbe mai potuto esigere il rispetto del Fiscal compact con le fabbriche chiuse e gli ospedali pieni? 

Ma è anche vero che il Next Generation Eu (Ngeu), che peraltro anche Lindner ha convintamente votato, eroga ai paesi dell’Unione soldi che ciascuno di essi deve dimostrare di meritare, come nella vecchia logica del rapporto tra nord e sud Europa, tra creditore e debitore. Lindner è il pegno pagato da una coalizione, sbilanciata a sinistra, non tanto alla destra ma alla popolare cultura tedesca della stabilità e del rigore dei conti. 
Il super falco Weidmann ha lasciato il vertice della Bundesbank, sfinito dalle sconfitte subite a partire dalla presidenza Bce di Mario Draghi. Lindner ne ha raccolto, seppure su una ben diversa scala, il testimone. Non è lì per agire (ha ottenuto il rispetto del principio del freno al debito ma ha dovuto ammorbidire i toni sul deficit e sul Patto di stabilità mentre ha sul collo il fiato di un predecessore che ora è cancelliere), è li per ammonire. E’ in questo senso che quello che Lindner sarà dipende anche da noi. 

Non è un mistero che l’Italia ha ricevuto l’ammontare più alto di aiuti da Bruxelles e che oltre la metà di questi è sotto forma di prestiti (nessun altro grande paese lo ha fatto). Come li saprà gestire e in che tempi e in quale contesto politico è la linea di confine superata la quale l’austerità espansiva potrebbe essere richiamata in servizio. Il leader liberale non ha neppure lontanamente la statura intellettuale e l’autorevolezza politica di un Wolfgang Schäuble e non gode di grande simpatia presso i media. Politico Europe, sito che fa capo ad Axel Springer, editore anche dell’influente Bild, gli ha rimproverato la modestia del curriculum, in un paese in cui i cv possono decidere la vita e la morte di un politico, e il fallimento della sua start up Moomax, “partita e mai decollata”. Ha ricordato inoltre la sua attività parallela di conferenziere che gli avrebbe fruttato oltre 400 mila euro. Il 51 enne futuro ministro non ha esperienza come amministratore, non è stato sindaco, non ha governato un Land, è un semplice deputato. 

Tuttavia Lindner ha il controllo totale del partito che è riuscito a riportare al Bundestag nel 2017 dopo quattro anni di assenza. Nella trattativa sul programma ha dimostrato la duttilità e l’astuzia di un abile negoziatore. In cambio del freno al debito ha accettato il piano di investimenti pubblici da 400 miliardi voluto dai socialdemocratici e ha condiviso gli orientamenti di politica estera dei Verdi e della stessa Spd oltre alle posizioni su clima e ambiente. Può un uomo con la sua esperienza gestire un bilancio da 500 miliardi di euro?, si chiede Politico Europe. L’aumento dell’inflazione balzata a oltre il 4 per cento in Germania (il 3 in Italia) schiaccia i tassi d’interesse reali e getta nel panico banche e compagnie di assicurazione che sul livello di remunerazione del denaro fondano i loro bilanci. Questo azzimato leader liberale con l’aria da yuppie può diventare il punto di riferimento di quella quota rilevante di opinione pubblica, ora silente, ma che continua a pensare che bisogna smettere di dare soldi alle “cicale” del sud Europa.  Dipende anche da noi.

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