Un summit glaciale tra Biden e Xi

Giulia Pompili

Il primo incontro (virtuale) tra i "vecchi amici" è una guerra di posizione. E occhio a Pechino 2022

Il presidente americano Joe Biden ripete spesso che nessun leader, più di lui, conosce il presidente cinese Xi Jinping. Eppure non bastano l’intesa e il rapporto personale per sbloccare la relazione tra le prime due potenze del mondo. Anche un summit virtuale è un ritorno solo a metà alla diplomazia: i due leader non si sono mai incontrati di persona da quando Biden si è insediato alla Casa Bianca, e le conversazioni telefoniche non sono sufficienti. Perfino i funzionari a Washington ieri minimizzavano le aspettative: niente grandi annunci, nessuna  svolta epocale, solo un passo in più nel ritorno al dialogo. Che è sempre più a rischio, perché le aree di tensione tra America e Cina si stanno moltiplicando, e non è ancora escluso del tutto che l’America possa annunciare, nei prossimi giorni, un boicottaggio dei Giochi olimpici di Pechino 2022.


CIna-Usa, com'è andato il primo incontro (virtuale) tra Biden e Xi Jinping

E’ vero che Biden e Xi si conoscono bene. Nell’ultimo decennio si sono incontrati diverse volte, anche quando entrambi erano ancora vicepresidenti. All’epoca della prima amministrazione di Barack Obama, Xi stava emergendo come un esponente del Partito comunista cinese che era destinato alla leadership, e Biden aveva il compito di conoscerlo meglio. La prima missione arrivò nel 2011, quando Biden volò in Cina con il suo team asiatico – compreso Antony Blinken, che allora era consigliere alla Sicurezza nazionale del vicepresidente e oggi è segretario di stato.


Biden e Xi ebbero molto tempo a disposizione, a Pechino e poi in missione a Chengdu, nel Sichuan – la città dove, meno di dieci anni dopo, l’America sarà costretta a chiudere il suo consolato in risposta alla chiusura del consolato cinese a Huston. L’anno successivo fu Xi Jinping a volare in America. Già allora i rapporti tra i due vicepresidenti erano particolarmente cordiali: lo si intuisce dalle fotografie della cena di stato del 2012, con Biden seduto accanto a Xi che sorride (e l’ex segretario di stato Henry Kissinger quasi escluso dall’intesa tra i due). Biden disse: “Poche altre nazioni nella storia sono arrivate così lontano, così velocemente, ed è il grande merito del talento e dell’operosità del popolo cinese”. Uno dei viaggi di cui si è discusso di più, soprattutto durante l’ultima campagna elettorale americana, è poi quello del dicembre del 2013, quando Joe Biden andò in visita in Cina insieme con suo figlio Hunter e la nipote Finnegan. Xi Jinping, da poco presidente, aveva chiamato Biden “un vecchio amico”. Neanche un mese prima la Cina aveva mostrato al mondo il suo primo sottomarino a propulsione nucleare, e poi aveva espanso unilateralmente e arbitrariamente la sua “area di identificazione aerea” nel Mar cinese orientale. Ma per il team di Biden, all’epoca, qualcosa  era ancora recuperabile nei rapporti con la Cina: “Le relazioni complesse richiedono un impegno duraturo e di alto livello. Ed è per questo che sono qui”, aveva detto Biden. 

Le relazioni tra i due paesi sono in un "territorio pericoloso"

Oggi tutto è cambiato. “Non è un segreto che le relazioni tra America e Cina siano entrate in un territorio pericoloso e instabile”, ha scritto l’altro ieri su Foreign Affairs Danny Russel, l’ex direttore degli Affari asiatici  del presidente Obama, che accompagnò Biden in Cina.  Anche se dopo questo summit virtuale “non ci sarà alcuna svolta importante”, scrive Russel, “la diplomazia può servire a uno scopo fondamentale. Questo incontro offre a Biden e Xi l’importante opportunità di iniziare a stabilire i confini di sicurezza cruciali per prevenire una crisi. Se riusciranno a stabilire un ritmo regolare di comunicazioni, arrivando a degli incontri di persona, allora  potrebbero gestire più facilmente la loro relazione”.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.