editoriali

La vittoria centrista di Starmer nel Labour britannico

Redazione

Il leader labourista riequilibra a favore dei moderati la faida con i più radicali

La conferenza del Labour britannico è iniziata a Brighton con tensioni e polemiche, come accade spesso ma forse questa volta di più, perché il partito è diviso; perché i Tory sono al potere con una maggioranza forte; perché la Brexit sta dando problemi enormi di personale ma la sinistra non è mai riuscita a ostacolarla per davvero quindi un po’ ne è responsabile; perché il leader Keir Starmer cerca una legittimazione moderata dopo gli anni del corbynismo e trova ostacoli a ogni passo (ci si è messo anche lui nei guai quando durante l’intervista a Andrew Marr ha detto che “non è giusto” dire che soltanto le donne hanno la cervice).

 

Ma dietro alle polemiche, dietro alla numero due del partito (in quota corbyniana) Angela Rayner che dice che i conservatori sono “omofobi, razzisti, misogini, la feccia” e non intende scusarsi, dietro agli eventi “alternativi” in cui il corbynismo non sembra affatto sconfitto, Starmer è riuscito in un’impresa che è stata denominata la sua “clause IV”, ricordando la pietra fondativa della rivoluzione blairiana negli anni Novanta.

  

Starmer ha proposto una modifica al processo di selezione della leadership del partito, una questione tecnica che ha un valore politico molto rilevante: dare più potere agli eletti e sottrarlo ai delgati, che sono solitamente più a sinistra. La proposta iniziale è stata un po’ annacquata anche perché altrimenti sarebbe stato impossibile per Starmer ottenere un voto favorevole – e l’ha ottenuto grazie al sostegno di un unico sindacato, Unison, che è il più moderato. In questo modo però Starmer riesce a spostare l’equilibrio di potere interno verso l’ala moderata, cosa che cerca di fare, con alterne vicende, da quando è stato nominato un anno e mezzo fa.

 

Ora ci è riuscito, i corbyniani sono furiosi e pensano a complotti in area blairiana, ma anche gli outsider, come alcuni sindaci con ambizioni nazionali (come Andy Burnham a Manchester), sono un pochino infastiditi.

 

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