(foto EPA)

In Germania l'AfD è fuori dai negoziati, ma vuol dare un segnale in Turingia

Luciana Grosso

Il partito di estrema destra non ha perso un voto rispetto al 2017: ma non ne ha neanche guadagnati e nessuno li coinvolgerà per il governo. Le vittorie dovrebbero limitarsi ai seggi del sud-est

Berlino. Mancano tre giorni alle elezioni e i sondaggi, a guardarli davvero, dicono: pareggio. Per questo, a decidere davvero chi siederà nel prossimo governo, più che la percentuale dei voti presi da questo o quel partito, sarà la capacità dei singoli gruppi di stringere alleanze, accordi e di creare maggioranze e coalizioni. Un quadro, molto fluido in cui tutto è possibile, e in cui una cosa sola appare assodata o molto probabile: in nessun caso l’estrema destra di Alternative für Deutschland andrà al governo, perché nessuno, in Parlamento,  vuole avere a che fare con i suoi membri. 

I numeri dicono che l’AfD non andrà male. I sondaggi danno l’estrema destra tedesca al 10/12 per cento, il che significa che avrà grossomodo gli stessi voti dei liberali (partito che, invece, tutti corteggiano e che, verosimilmente sarà ago della bilancia del prossimo Parlamento e del prossimo governo). Non solo: significa anche che l’Afd non ha perso un voto da quando nel 2017 era il terzo partito, alle spalle della Cdu guidata da Angela Merkel e dei socialdemocratici. Il problema, però, è che nel gioco delle elezioni non ci si può limitare e difendere quello che si ha, occorre anche crescere, togliere voti agli avversari, guadagnare punti. E questa seconda cosa all’AfD non sta riuscendo quasi per niente. Dove era nel 2017 lì è ancora oggi, e il boom (per altro rilevato solo dai sondaggi in un periodo in cui di elezioni non ce n’erano) del 18 per cento sembra un lontano ricordo. “Credo che abbiano raggiunto il loro massimo possibile –  dice al Foglio Justus Bender, giornalista della Frankfurter Allgemeine  e autore del libro “Cosa vuole l’AfD?”– Per crescere gli estremisti di destra hanno bisogno di fare almeno una cosa, a scelta, tra due: o mobilitare persone che in genere non vanno a votare o drenare consensi dagli altri partiti. Al momento, l’AfD non sembra in grado di fare nessuna di queste due cose. Per mangiare consenso agli altri partiti dovrebbe abbassare i toni, collocarsi su posizioni  più moderate e meno oltranziste. Ma non l’ha fatto e sembra non intenda farlo, anzi, se possibile si è spostato ancora più a destra di prima. E quanto al recupero degli astenuti, qualche tempo fa il partito ha chiesto a un gruppo di sondaggisti di capire se e come avrebbe potuto fare breccia nei cuori di quelli che non votano. La risposta è stata che, anche facendo una campagna a tappeto e mirata, l’AfD avrebbe recuperato non più di un punto percentuale di voti. Così ha lasciato perdere”. 

Dunque visto che di crescere non se ne parla, e visto che, dei milioni di voti lasciati per strada dalla Cdu tra Angela Merkel e Armin Laschet, nessuno sembra essere finito nel carniere dell’AfD, il partito di Tino Chrupalla e Alice Weidel fa quello che gli viene meglio: fa il partito di estrema destra con il menù classico delle destre à la carte, Europa cattiva, immigrati da cacciare, tradizioni che ci mancano tanto e, ovviamente, dittatura sanitaria. Temi che forse non fanno sfondare al centro, ma che consolidano la base, ne coltivano la paranoia e dunque, la volontà. Così, al momento, nella geografia della AfD  paiono non esserci grandi novità, e le vittorie, anche e consistenti, dovrebbero limitarsi ai seggi del sud est,  Sassonia, e Sassonia-Anhalt. Lì la vittoria è quasi certa e si accompagna a una quasi vittoria in Turingia, dove l’AfD è risultata prima nelle consultazioni informali che, per tradizione, si tengono, tra gli under 18, ossia quelli che voteranno tra qualche anno. Ma non è tutto. In Turingia l’AfD punta, già in queste elezioni, a una vittoria di sponda attraverso il candidato della Cdu, Hans-Georg Maassen, un ex funzionario dei servizi segreti molto controverso (fu di fatto licenziato nel 2018). La candidatura di Maassen ha creato un putiferio nella stessa Cdu che lo candida, e non piace quasi a nessuno. Per  avere un’idea di quanto discussa e discutibile sia la figura di Maassen basti sapere che, pochi giorni fa, Björn Höcke, leader della fronda più a destra dell’AfD, Der Flügel, un gruppo finito sotto la lente dell’intelligence perché considerato eversivo e anti democratico, ha palesemente invitato i suoi a votare per Maassen dicendo che, se eletto, sarà “una spina conficcata nella carne della Cdu”. Tra pochi giorni sapremo se le parole di Höcke avranno fatto confluire i voti dell’AfD sulla Cdu o se, invece, avranno fatto scappare gli elettori della Cdu verso altri lidi. 

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