A Berlino Spd e Verdi flirtano, ma il problema è: chi fa il terzo?
Al dibattito elettorale di domenica sera in Germania, quello che doveva essere un triello è stato un duello: Baerbock e Scholz a fare squadra contro il leader della Cdu Armin Laschet, costretto a parare i colpi
Più che a un dibattito elettorale, domenica sera, in Germania, sembrava di assistere a un gigantesco spoiler della Germania che sarà. In teoria, avrebbero dovuto battersi in tre, tutti contro tutti: Olaf Scholz della Spd, Armin Laschet della Cdu e Annalena Baerbock dei Verdi. In pratica, quello che doveva essere un triello è stato un duello, Baerbock e Scholz a fare squadra contro il leader della Cdu Armin Laschet, costretto a parare i colpi. La volontà politica, oltre che dialettica, di alleanza tra la leader verde e quello socialista è stata talmente esplicita che, finita la diretta, il giornalista dello Spiegel Christian Stöcker ha scritto: “Ho visto due futuri alleati e un perdente”.
A tradire questa alleanza già scritta erano sia i temi che Scholz e Baerbock hanno toccato e che erano, in sostanza, gli stessi, solo con sfumature diverse (a un certo punto, parlando di faccende fiscali, Scholz ha detto: “Se vedo le cose correttamente, la signora Baerbock e il suo partito e io e il mio partito facciamo proposte identiche”) sia i colpi a salve che si lanciavano i due, la cui debolezza era poi compensata dalla virulenza dei fendenti rivolti a Laschet. Sui temi ambientali, in particolare, Baerbock, nel dirsi insoddisfatta delle politiche ambientali attuate sino a ora, e della timidezza nel mettere al bando le auto con motore a scoppio, ha attaccato quasi solamente Laschet, dimenticando che l’Spd fa parte dell’attuale governo ed è intestataria, tanto quanto la Cdu, delle stesse politiche ambientali che Baerbock ritiene insufficienti.
Così, mentre in televisione, domenica sera, Scholz e Baerbock lasciavano intendere che Verdi e Spd vogliono andare al governo insieme, non resta che scoprire con chi, dal momento che, sommandosi, i due partiti possono sperare di raggiungere grossomodo il 40 per cento dell’aula. Se questo risultato dovesse essere confermato, per arrivare al 50 per cento manca almeno un altro 10. Dove recuperarlo? Attorno a questa domanda si muove e si muoverà la politica tedesca dopo il voto del 26 settembre.
Le ipotesi più chiacchierate sono due: la coalizione “semaforo” con il rosso della Spd, il verde dei Verdi e il giallo dei liberali (dati all’11 per cento). oppure la coalizione rosso-rosso-verde, con i post comunisti della Linke al posto dei liberali. Numericamente, entrambe le ipotesi potrebbero funzionare ma politicamente pongono entrambe problemi di stabilità.
L’alleanza tra Verdi e liberali, con la Spd a fare da collante, rischia di non funzionare perché l’ambientalismo di Baerbock potrebbe mal sposarsi con il liberismo mercatista dei liberali che su temi come la dismissione delle auto hanno posizioni timide e attendiste. Inoltre, un sondaggio mostra come il cuore del 40 per cento degli elettori liberali, in fondo, batta più per Laschet che per Scholz. Dunque, se per varie ragioni l’ipotesi di alleanza rossa, gialla e verde dovesse mostrarsi impercorribile, si potrebbe valutare un’alleanza tra Spd, Verdi e Linke. Ma nemmeno qui le cose sembrano andare molto bene: al di là delle posizioni in politica estera dei post comunisti tedeschi (che vogliono uscire dalla Nato e avvicinare la Germania alla Russia) esiste un problema di compatibilità molto più prosaico e tutto interno alla sinistra tedesca: Olaf Scholz è una figura decisamente centrista e moderata, ha governato con Angela Merkel e, di fatto, aspira a esserne l’erede. Questo lo rende oltremodo inviso non solo alla Linke, ma anche (e in modo più pericoloso) alla fronda di sinistra all’interno del suo partito. Per questo, almeno per ora, Scholz non esclude un’alleanza con i rossi ma nemmeno la caldeggia: teme che potrebbe minare dall’interno la sua leadership e costringere il governo a sbandare più a sinistra di quanto egli stesso voglia. Inoltre, la Linke, è data solo al 6 per cento, il che significa che i suoi voti potrebbero non bastare e, dunque e per paradosso, nemmeno servire.
Esiste poi un’ipotesi di governo Spd-Cdu-Verdi. Dal punto di vista dei numeri, è la cosa che ha più senso. Ma poi c’è la politica: la Cdu e la Spd coabitano da tempo, ma ora si invertirebbe il rapporto di forza, con i conservatori che devono prima accettare e poi imparare il ruolo di partner di minoranza. Resterebbe anche da gestire il rapporto tra la Cdu e i Verdi che a livello locale è sperimentata ma una coabitazione a tre a Berlino potrebbe essere più spigolosa. Così non è da escludere l’opzione più cinica: Cdu-Spd-liberali. La formula, in passato e con il collante Merkel, ha funzionato.