Chi difende il diavolo

Chi è Olivia Ronen, l'avvocato di Salah Abdeslam

Micol Flammini

Il terrorismo va a processo a Parigi. La penalista Ronen è la trentenne che ne guida la difesa nel nome della giustizia 

Salah Abdeslam è stato il primo a essere interrogato. Barba nera, mascherina dello stesso colore, capelli lunghi fino alle spalle pettinati indietro, siede tra gli imputati ed è l’unico sopravvissuto del commando che il 13 novembre del 2015 ha ucciso 130 persone negli attentati del  Bataclan, dello Stade de France e nei  locali del decimo e dell’undicesimo arrondissement di Parigi. Le morti e l’orrore hanno traumatizzato il paese e l’Europa e ieri si è aperto il processo nella capitale francese che andrà avanti per nove mesi. La prima frase pronunciata da Abdeslam quando gli è stato chiesto di presentare la propria identità: “Innanzitutto vorrei testimoniare che non c’è altro dio se non Allah e che Maometto è suo servitore e il suo messaggero”. Professione: “Ho rinunciato a qualsiasi professione per diventare un combattente dello Stato islamico”. E’ il processo del secolo installato in un’aula creata apposta in una parte della sala dei passi perduti nel palazzo di Giustizia.  

Salah Abdeslam è circondato da poliziotti e tra di loro si fa largo il suo avvocato, Olivia Ronen, penalista di trentuno anni, uno in meno del terrorista, contattata dall’imputato nel 2018, dopo che il suo avvocato Franck Berton aveva deciso di rinunciare all’incarico nel 2016. C’era poco da fare, diceva Berton, Abdeslam non parlava, silenzio e chiusura erano diventati snervanti. Per Ronen è una sfida, è convinta che tutti meritino di essere difesi e che il ruolo dell’avvocato serva ancora di più nel momento in cui “si stringe il cappio”, ha detto in un’intervista. Con lei, ha raccontato, il terrorista ha parlato:  “Abbiamo discusso molto e ho capito che c’erano cose  da fare”. Il processo ha un suo codice, è stato organizzato come un palco, con tutto quello che era necessario per mostrare che alla violenza la République risponde con la legge, anche contro la brutalità che ha terrorizzato la Francia. E’ questo il senso della stanza apposita, è questo il senso dell’organizzazione gigante seguita da 141 media accreditati. 

Abdeslam doveva avere un processo giusto. Abdeslam doveva avere un avvocato e Ronen si è prestata difendendo il suo principio: “Non difendiamo una causa, ma gli individui. Anche se a volte cerchiamo di escludere qualcuno dall’umanità, quella persona ne fa parte tanto quanto noi”. L’umanizzazione di Abdeslam forse sarà anche una delle linee del processo, anche se Ronen ha detto di voler far prevalere la giustizia sulle emozioni inscindibili dai ricordi di quella notte. Non è la prima volta che la penalista accetta cause simili, in passato si è trovata a difendere membri di movimenti dell’estrema destra, ma anche altri giovani radicalizzati. Uno di loro era coinvolto negli attentati di Nizza, ma si suicidò in carcere e Ronen ha detto di aver sperimentato un senso di impotenza. Cresciuta a Parigi, figlia di un imprenditore e di una funzionaria del ministero delle Finanze, è uno dei personaggi che hanno attirato di più l’attenzione in questo processo enorme e doloroso, in questo show dello stato di diritto. Olivia Ronen nella difesa di Abdeslam è affiancata  da Martin Vettes, che di anni ne ha trentadue e che ha promesso: “Faremo in modo che questo processo eccezionale non diventi un processo di eccezione”. Per i due avvocati sarà un processo unico, quello con i riflettori puntati addosso e ci si è chiesti perché due penalisti all’inizio della loro carriera abbiano voluto legarsi con un filo indissolubile al terrorista, trentenne come loro, ma con un’altra storia, altri obiettivi. Dicono di farlo per la fiducia nei valori della Francia e per la giustizia. La differenza più grande tra loro e Abdeslam. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.