Editoriali
Erdogan e la “fratellanza” talebana
La Turchia è pronta a parlare con chiunque governi a Kabul. Messaggi all’Ue
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sin dall’inizio della crisi in Afghanistan aveva dimostrato di non vedere in modo negativo l’avanzata dei talebani, anzi sembrava interessato a corteggiarli. Si è adattato con rapidità al nuovo regime e ha messo in chiaro sin dall’inizio che di un’eventuale crisi di rifugiati non voleva sentir parlare, non era affar suo.
“Il nostro obiettivo – ha detto ieri il presidente – sono innanzitutto la stabilità e la sicurezza dell’Afghanistan” e, se ce ne sarà bisogno, è disposto a incontrare il nuovo governo. Erdogan ha aggiunto: “L’Europa non può evitare questo problema”, riferendosi ai migranti. “La Turchia non ha l’obbligo di essere il deposito dell’Europa per i rifugiati”. Ankara è interessata a mantenere l’Afghanistan il più tranquillo possibile, non importa se il paese rischia di implodere. A Erdogan basta assicurarsi di non avere problemi ai confini. Soprattutto, proprio adesso che l’Europa è spaventata da un nuovo 2015 e da una nuova possibile ondata di migranti e vorrebbe fare di nuovo affidamento sulla Turchia, Erdogan alza la posta in gioco e non vuole farsi vedere dialogante.
Con Bruxelles no, con i talebani sì. Ankara inoltre vuole sedersi a tutti i tavoli internazionali, trova sempre il modo di contare occupando gli spazi lasciati scoperti dagli Stati Uniti e dai paesi europei: per questo ha subito mandato cinquecento soldati all’aeroporto di Kabul. La Turchia non è interessata se dentro ai confini afghani c’è una crisi dei diritti umani, se si sta installando un regime brutale, preferisce credere alle promesse di moderazione dei talebani e lo dichiara con chiarezza: “Non importa chi sia responsabile dell’amministrazione, sostenere l’Afghanistan in tempi buoni e cattivi è un requisito della fratellanza reciproca”, ha aggiunto.
Isteria migratoria