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il libro

Tutto su Henry Kissinger, a partire dal calcio

Mauro Zanon

Un libro sul diplomatico europeo più famoso d’America, con il senso del gioco e della storia

“C’è qualcosa di straordinario nel percorso di questo ragazzino ebreo tedesco, che nasce a pochi chilometri da Norimberga, cresce nel mezzo dell’inferno nazista e diventa il più grande diplomatico che gli Stati Uniti abbiano mai conosciuto”, scrive Jérémie Gallon nel suo “Henry Kissinger, l’européen” (Gallimard), un libro delizioso in cui l’autore dipinge un ritratto intellettuale del pioniere della politica della distensione. Un uomo in cui Gallon, professore a Sciences Po e direttore per l’Europa della società di consulenza e intelligence strategica McLarty Associates, vede il degno successore di Metternich e Talleyrand: “Strinse alleanze che ridisegnarono gli equilibri del mondo e fu colui che modellò in maniera duratura lo scacchiere politico del Ventesimo secolo”.

 

Quella di Kissinger, segretario di stato degli Stati Uniti durante le presidenze di Richard Nixon e di Gerald Ford tra il 1969 e il 1977, era una diplomazia che traeva ispirazione dal calcio, racconta Gallon. E’ grazie alla sua passione smisurata per questo sport che “Super K” ha evitato al mondo un nuovo scontro nucleare contro il nemico sovietico, lui che in quanto ebreo, nella Germania nazista, non poteva andare allo stadio a vedere la sua squadra del cuore, lo SpVgg Fürth.

 

La lezione di Kissinger è che, come nel calcio, le vittorie diplomatiche si costruiscono con una squadra di giocatori di esperienza e di talento, con una strategia a lungo termine fondata su una vera e propria riflessione, con un senso del gioco e della storia, e, punto più importante, con la voglia di vincere assieme, con il collettivo. La sua profondità intellettuale, la sua visione, la sua capacità di anticipare i tempi e la sua audacia sono qualità che mancano all’attuale generazione politica europea, secondo Gallon, i cui membri sono “prodotti di società dell’immediato in cui la comunicazione regna sovrana, che cercano senza sosta di catturare la luce. Stelle filanti destinate a sparire alla stessa velocità in cui sono apparse”.

 

Come scrive il settimanale Express, c’è “una tragica ironia” nel constatare l’incapacità dell’Europa di incarnare una leadership in politica estera, mentre la diplomazia americana, attraverso la storia, si è nutrita dei più brillanti cervelli europei. L’esempio più recente di questi prodotti “made in Europe” a servizio degli Stati Uniti è il “frenchie” Tony Blinken, segretario di stato dell’amministrazione Biden formatosi a Parigi. Prima di Blinken, ci fu la carismatica Madeleine Albright, originaria di Praga, che occupò il posto di segretario di stato ai tempi di Bill Clinton. Prima ancora toccò all’americano-polacco Zbigniew Brzezinski, consigliere per la Sicurezza nazionale sotto Jimmy Carter, ma soprattutto a Henry Kissinger – 98 anni lo scorso 27 maggio – il diplomatico più influente del Novecento.

 

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