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Così la questione palestinese s'è saldata con Black Lives Matter

Paola Peduzzi

In America c'è stata un’ulteriore trasformazione del dibattito eterno a proposito di quanto accade in medio oriente. Eppure in tutto ciò c'è qualcosa che manca; Hamas

Ieri è iniziata la visita del segretario di stato americano, Antony Blinken, in medio oriente: Gerusalemme, Ramallah, il Cairo e Amman sono le tappe del viaggio. L’obiettivo è: rafforzare la tregua raggiunta tra Israele e Hamas il 21 maggio e far sì che il tempo della tregua sia utilizzato per ricostruire la fiducia tra le parti. Benjamin Netanyahu, premier di Israele (i negoziati per il prossimo governo sono ancora in corso), ha detto che se Hamas romperà la tregua la reazione di Israele sarà  “potente” e ha chiesto all’America di non riaprire il dialogo con l’Iran, ancor più ora che la Repubblica islamica ha appena festeggiato “la vittoria” di Hamas contro lo stato ebraico. Blinken ha confermato anche che i finanziamenti americani per la difesa di Israele, in particolare per Iron Dome, continueranno ed è questa garanzia che sta facendo discutere enormemente l’America e in particolare il Partito democratico. Queste controversie non sono nuove: il sostegno di Israele dentro ai democratici è storicamente forte pur se in continua diminuzione e i conflitti armati acutizzano le differenze, ma in questa occasione, in questa guerra, c’è stata un’ulteriore trasformazione del dibattito eterno che accompagna la questione israelo-palestinese. Sono tre gli elementi che indicano questo cambiamento: i discorsi al Congresso di alcuni esponenti del Partito democratico contro l’Amministrazione “che prende le parti dell’occupazione”; la battaglia di questi stessi esponenti per ridurre o addirittura sospendere gli aiuti a Israele; l’hashtag popolare “Palestinian Lives Matter”.

Il giorno della tregua, 150 organizzazioni liberal per la difesa dei diritti hanno pubblicato un appello in cui chiedevano “solidarietà per i palestinesi”, in cui condannavano “la violenza di Israele” e la sua “supremacy”, supremazia, a Gerusalemme. I firmatari non erano soltanto gruppi che si occupano di medio oriente ma anche di cambiamento climatico, immigrazione, parità di genere, giustizia razziale. Cori Bush, deputata del Missouri eletta nel 2020 e accolta subito nell’ala più radicale del Congresso (nella cosiddetta Squad, capitanata dalla più famosa e virale delle deputate: Alexandria Ocasio-Cortez), ha delineato nel suo discorso questa nuova convergenza: “Siamo contrari al fatto che i nostri soldi finanzino una polizia militarizzata, un’occupazione e un sistema di oppressione violenta e traumatica. Fino a che i nostri figli non saranno al sicuro, continueremo a combattere per i nostri diritti in Palestina e a Ferguson”. Ferguson è la città del Missouri considerata la culla di Black Lives Matter, la madre di tutte le battaglie attiviste d’America e oltre, nata dopo l’uccisione di ragazzi e ragazze afroamericani da parte della polizia e poi diventata, come racconta il sito FiveThirtyEight che si occupa di numeri e tendenze, il fronte principale della guerra culturale contemporanea. Un fronte su cui si allineano tutte le battaglie, compresa quella mediorientale: “Palestinian Lives Matter” è la sintesi di questa sinergia, ma tutto il linguaggio si sta modificando. Non soltanto sui social, anche sui media cosiddetti tradizionali Israele è uno stato che sta facendo “una pulizia etnica” oltre che un’occupazione militare, è uno stato in cui c’è la “supremacy” ebraica e anche “l’apartheid”. 

Daniel Gordis, autore di parecchi saggi sull’ebraismo e sugli ebrei americani, ha detto al New York Times che “l’identity politics” ha reso questa saldatura “quasi inevitabile”: “E’ il debole contro il forte, i senza diritti contro quelli con tutti i diritti, i senza stato contro quelli che uno stato ce l’hanno”. Poiché la nuova ala radicale – o “attivista”, come è sempre più spesso definita – del Partito democratico è sempre più devota alla politica identitaria, il dibattito sulla guerra tra Hamas e Israele si è mosso secondo lo stesso schema binario della lotta contro il razzismo. Ocasio-Cortez ha detto al Congresso: “I palestinesi hanno il diritto di sopravvivere? Ci credete? Se sì, avete una responsabilità anche nei loro confronti”. 

C’è il popolo palestinese oppresso e c’è lo stato oppressore, Israele. Hamas invece non c’è, perché inserirebbe nel dibattito quell’elemento di specificità e responsabilità che lo schema binario per sua natura esclude.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi