"Do me a favor"

A Kiev Blinken è di casa, promette aiuti ma chiede le riforme

"Siamo fermamente con voi e ci rivolgiamo alla Russia affinché metta fine alle azioni sconsiderate e aggressive”

Micol Flammini

L'Amministrazione Biden è forse la più grande opportunità per l'Ucraina, che adesso deve dimostrare di saper stare ai patti. Il viaggio del segretario di Stato serviva anche per conoscere Zelensky, il presidente coinvolto nell'Ucrainagate: Trump gli chiese di screditare l'attuale capo della Casa Bianca 

Per Antony Blinken il primo viaggio in Ucraina da segretario di Stato è  un ritorno. E’ stato a Kiev diverse volte durante l’Amministrazione Obama, ha il dossier ucraino molto a cuore, proprio come il presidente Joe Biden, per cui sa bene come muoversi, cosa dire, cosa chiedere. Non conosceva però il nuovo presidente Volodymyr Zelensky, che ha incontrato ieri per la prima volta. Zelensky è stato eletto nel 2019, c’era già Donald Trump alla Casa Bianca e il presidente ucraino venne coinvolto nell’Ucrainagate: la richiesta da parte di Trump di aiuto per screditare Biden. “Do me a favor”, gli disse l’ex presidente americano. E Zelensky il favore stava anche per farglielo, ma per fortuna, per lui e per l’Ucraina, non ne ha avuto il tempo. Le indiscrezioni arrivarono prima che lui potesse annunciare le indagini su Biden, il futuro presidente americano con un occhio particolarmente attento a quello che accade ai confini orientali dell’Unione europea. Ma nessun rancore, aveva già assicurato Blinken che ieri a Kiev ha portato le sue promesse agli ucraini, per riaffermare che gli Stati Uniti sono dalla loro parte. “Siamo fermamente con voi – ha detto Blinken a Zelensky – e ci rivolgiamo alla Russia affinché metta fine alle azioni sconsiderate e aggressive”. Il segretario di Stato ha riconosciuto che in parte Mosca ha ritirato gli uomini e i  mezzi che nelle scorse settimane aveva ammassato al confine con l’Ucraina. Ma che rimane un numero considerevole di soldati, da tenere sotto osservazione. Blinken ha sottolineato che Washington sostiene l’integrità territoriale e l’indipendenza dell’Ucraina, che da sette anni è messa in pericolo dai conflitti nella regione del Donbass, dove i separatisti filorussi sostenuti da Mosca combattono contro l’esercito regolare di Kiev. Secondo le Nazioni Unite gli scontri hanno causato più di tredicimila morti. 

 

Se Zelensky abbia convinto Blinken non si sa. Ma quel che è certo è che l’interesse per la causa dell’Ucraina, per gli americani è superiore al nome del presidente che gli ucraini  hanno scelto, anche se si tratta di un presidente attore, spesso tacciato di essere molto ingenuo, ma la cui spontaneità forse potrebbe portare a una svolta nei rapporti con Vladimir Putin, che Biden dovrebbe incontrare a giugno durante il suo primo tour europeo e con il quale ha intenzione di parlare soprattutto di Ucraina. Il segretario di Stato però non era a Kiev soltanto per dimostrare l’affetto americano, ma anche per chiedere conto di tutte quelle riforme che la comunità internazionale pretende dal  paese dal 2014 e che vengono sempre rimandate. Blinken ha chiesto di irrobustire le istituzioni e la democrazia e soprattutto ha chiesto sforzi contro la corruzione. Kiev continua a chiedere un’integrazione sempre maggiore con l’Unione europea, chiede trattati di scambio, sogna la Nato, ma la risposta che riceve, quando avanza le sue richieste, è sempre la stessa: prima le riforme. E non perché Stati Uniti e Ue non vogliano sostenere l’Ucraina – sicuramente non nel caso dell’Amministrazione Biden – ma perché Kiev deve dimostrare di saper stare ai patti. 

 

In questo senso da parte di Zelensky qualche segnale positivo c’è stato. Ha formato un tribunale anticorruzione, ha sanzionato gli oligarchi che hanno dei legami con la Russia, ma gli Stati Uniti sono insospettiti dai suoi legami con Ihor Kolomoisky, un oligarca accusato di appropriazione indebita che possedeva le televisioni in cui Zelensky ha fatto carriera come attore. C’è chi sostiene che Kolomoisky abbia inventato Zelensky, che sia una sua creatura, e se così fosse per Washington che ha sanzionato l’oligarca, questo legame costituirebbe un problema. Nelle ultime settimana però è stato il licenziamento di Andriy Kobolyev a capo della Naftogaz a tirarsi dietro le critiche degli americani. Kobolyev era amministratore delegato della compagnia petrolifera e del gas dal 2014 ed è stato allontanato in modo brusco e poco chiaro. 

 

L’Amministrazione Biden è forse la più grande opportunità per il futuro dell’Ucraina, la promessa più concreta che sia stata fatta finora a Kiev. Lo dimostra l’insistenza con cui Biden ha tentato di coinvolgere gli europei mentre i russi si avvicinavano al confine, lo dimostra la vista di Blinken. Ma Washington vuole segnali concreti da parte degli ucraini e il segretario di Stato lo ha ribadito: prima le riforme. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.