editoriali

L'Ue sanziona la Cina

È la prima azione contro le violazioni nello Xinjiang. Meglio tardi che mai

Dopo l’assenso dei 27 ambasciatori, l’Unione europea si appresta a imporre diverse sanzioni contro la Cina per le violazioni dei diritti umani nella regione autonoma dello Xinjiang. È stato approvato il divieto di viaggio e il congelamento dei beni di quattro cittadini cinesi e un’entità, i cui nomi non saranno resi pubblici fino all’approvazione formale dei ministri degli Esteri dell’Ue il 22 marzo prossimo. Per la prima volta dal massacro di piazza Tiananmen, nel 1989, Bruxelles impone sanzioni economiche contro il suo secondo partner commerciale, ed è un segnale importante.

 

Dopo le azioni portate avanti dall’America, dal Canada (i due paesi ad aver definito “genocidio” quello degli uiguri nello Xinjiang), da Regno Unito e Australia, in molti chiedevano all’Ue di prendere una posizione sulla questione della persecuzione da parte di Pechino delle minoranze della regione. Al contrario, il 31 dicembre scorso l’Ue ha celebrato la conclusione dei negoziati per il Cai, un accordo economico sugli investimenti tra Bruxelles e Pechino, considerato da molti alla stregua di un sostegno alla propaganda cinese. Il governo centrale guidato da Xi Jinping, infatti, nega che esista una “persecuzione” degli uiguri. Anzi. Da tempo dice di aver invitato gli ambasciatori dell’Unione europea e altre istituzioni internazionali nello Xinjian, a “guardare con i loro occhi” quello che succede nell’area.

Secondo quanto riportato dall’agenzia  Afp, come condizione per la visita, le istituzioni internazionali guidate da Michelle Bachelet, Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, avevano chiesto un incontro con il famoso economista Ilham Tohti, in carcere sin dal 2014, che l’anno scorso ha vinto il Premio Sakharov per la libertà di pensiero. L’incontro non è stato concesso e i negoziati per la visita sono saltati. Oltre alle sanzioni contro la Cina, molto probabilmente l’Ue ne imporrà di nuove contro la Russia, la Corea del nord, la Libia, l’Eritrea e il Sudan, sempre per violazione dei diritti umani. C’è vita a Bruxelles. 
 

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