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Ecco cosa rischia l'Europa con il ritorno delle spose dell'Isis

Daniele Raineri

Il Regno Unito autorizzerà il rientro in patria di Shamima Begum, la volontaria inglese dello Stato islamico che si arruolò nel gruppo terroristico in Siria nel 2015. E' un precedente per tutti gli altri foreign fighters europei

Il Regno Unito deve autorizzare il rientro in patria di Shamima Begum, la volontaria inglese dello Stato islamico che si arruolò nel gruppo terroristico in Siria nel 2015 assieme ad altre due amiche. Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Londra, che vuole permettere così alla ventenne di fare ricorso in patria contro la decisione di toglierle la cittadinanza presa dal governo inglese nel febbraio 2019. La Corte ritiene che la Begum non possa portare avanti la sua causa dal campo di custodia del Kurdistan siriano dove si trova adesso.

 

La decisione scatenerà molte reazioni, perché tutti i volontari stranieri che si univano allo Stato islamico rinunciavano in modo volontario alla loro cittadinanza e sapevano di aderire a un gruppo che proclama la necessità di attacchi terroristici contro i civili – e che considera le torture, le esecuzioni pubbliche e la schiavitù sessuale di massa come princìpi cardine da imporre a tutto il mondo. Begum non ha dato molti segni di pentimento, dopo essere stata catturata durante la capitolazione dell’ultimo lembo di territorio in mano ai fanatici del gruppo. Come lei, altre centinaia di membri europei dello Stato islamico attendono nei campi gestiti dai curdi in Siria un possibile rientro nei loro paesi di provenienza. La decisione di oggi stabilisce un precedente. 

 

Un ritratto di Shamima Begum, quando diede un’intervista al Times, nel febbraio del 2019

 

“Portatemi a casa” scritto a caratteri enormi, sulla prima pagina del Times di Londra, e la foto di Shamima Begum, com’era il giorno che è scappata dal Regno Unito, nell’immagine delle telecamere dell’aeroporto di Gatwick con la sciarpa leopardata, quattro anni fa, e com’è ora, con il capo coperto, la lunga tunica nera, i guanti neri. Shamima oggi ha 19 anni, è il numero 28.850 del campo profughi di al Hol, nel nord della Siria, ha perso due figli piccoli, il maschio di otto mesi per malnutrizione, la femmina di venti mesi per una malattia, è incinta e non sa più dove sia suo marito, un olandese di 27 anni che ha sposato appena è arrivata in Siria. Delle due teenager inglesi che scapparono con lei per raggiungere un’altra amica già a Raqqa e affiliata allo Stato islamico, Shamima non sa più nulla: una è sicuramente morta, le altre erano vive fino a qualche tempo fa, ma ora sotto i bombardamenti chissà dove sono finite. Nessuno, nel campo profughi, sa che lei è una di quelle ragazze inglesi”. 

 


 

 

Nel campo profughi di al Hol è andato, all’inizio del 2020, Daniele Raineri. “Siamo dentro al cosiddetto Annex, un sottocampo aggiunto al campo profughi di al Hol in Siria – che si trova nel nord del paese vicino al confine con l’Iraq. I curdi hanno messo nell’Annex le donne straniere dello Stato islamico e i loro figli. Circa settemila persone provenienti da quasi ogni parte del mondo. Poco prima avevamo parlato con una turca e poi con una russa e avevamo girato fra le tende spargendo la voce che eravamo interessati a parlare alla donna italiana. I bambini fuori dalle tende sono omertosi: ti squadrano, fanno finta di nulla, negano di parlare qualsiasi lingua ma lo fanno perché le madri gli hanno insegnato a non dare alcuna informazione. La voce però l’hanno fatta circolare, perché l’italiana decide di farsi viva”. 

 

 

Il Foglio ha avuto accesso a quattro canali Telegram che le donne usano per scambiarsi messaggi sui telefonini – che in teoria non dovrebbero avere ma hanno contrabbandato all’interno del campo. I canali sono quattro, in arabo, in francese, in inglese e in turco, che sono le lingue più usate, e si chiamano tutti Kafal – che è una parola araba che vuol dire sponsor. Le donne in quanto parte dello Stato islamico avrebbero diritto a ricevere soldi – le kalafat, appunto, munificenze da uno sponsor. Il canale riunisce le donne che godono di questa sponsorizzazione, un po’ come al Qaida (“la base”) agli albori della sua storia fu un elenco di volontari che arrivavano in Afghanistan e avevano bisogno di aiuto”.

 

Daniele Raineri, in quel viaggio in Siria, era andato anche a vedere i prigionieri dello Stato islamico

 

 

La questione dei foreign fighters europei è molto complessa. Se pensate che Guantanamo fosse un obbrobrio, la versione europea potrebbe essere molto peggio.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)