John Roberts, giudice capo della Corte suprema americana (foto LaPresse)

“Ok, boomer” davanti al giudice

Redazione

Roberts porta l’espressione alla Corte suprema. E’ discriminatoria sì o no?

John Roberts, giudice capo della Corte suprema americana che ieri è arrivato al Senato a giurare prima di presiedere la procedura d’impeachment di Donald Trump, ha portato dentro a un dibattimento giuridico il tormentone generazionale del momento: Ok, boomer. Si stava discutendo del caso Babb vs Wilkie, nel quale Norris Babb, che aveva 50 anni al tempo dell’incidente, ha fatto causa al dipartimento dei Veterani perché sostiene che le sia stata negata una promozione a causa della sua età e del suo sesso. Roberts ha chiesto all’avvocato della Babb se l’espressione “ok, boomer” utilizzata da un capo del personale più giovane potesse essere considerata un’offesa perseguibile.

 

Tutti i presenti hanno riso, gli studenti e gli stagisti nella seconda e terza fila di più, ma anche gli altri hanno mostrato una certa consuetudine con l’espressione che spopola sui social della generazione Z, in particolare TikTok, e la notizia del giudice supremo che porta un meme nell’austera aula della Corte è stata molto ripresa. Ma poi, ok boomer è discriminatorio oppure no (chiediamo per un amico)? L’avvocato della Babb, Roman Martinez, ha risposto: “Be’, se si sta facendo un discorso sul posto di lavoro, chiamare qualcuno ‘boomer’ o dire cose offensive sulle persone che hanno una certa età mentre li si sta valutando per una posizione, sì”, è un’offesa perseguibile.

 

Il giudice Roberts ha insistito: “Quindi chiamare uno ‘boomer’ mentre lo si considera per un’assunzione è un’offesa perseguibile”. E l’avvocato: “Se chi prende la decisione di un’assunzione è seduto attorno a un tavolo e dice: ‘Abbiamo un candidato A che ha 35 anni e un candidato B che ha 55 anni ed è un boomer’, e quindi probabilmente è affaticato e non è molto bravo con il computer, allora penso che sì, è assolutamente un’offesa perseguibile”. La discussione è poi finita sulla libertà d’espressione sul posto di lavoro, ma la sentenza ci sarà soltanto in primavera: fino ad allora sfoghiamoci pure con questo “ok, boomer”, il diritto alla suscettibilità può ancora attendere.

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