Millennial senza partito

Micol Flammini

I giovani americani vogliono europeizzare gli Stati Uniti. Gli europei, invece, americanizzare l’Ue

Roma. Difficile affermare che esiste una gioventù europea, ogni ragazzo, millennial o generazione zero, ha respirato la temperie della propria nazione e l’Europa, per quanto unita, ancora è formata dalle storie nazionali dei propri stati membri, che determinano tutto: modo di vivere, modo di pensare e anche di votare, dice l’Atlantic. In un lungo articolo Joseph de Weck e Niall Ferguson presentano vari studi che indicano tutte le differenze politiche che esistono tra giovani europei e americani e mentre i primi stanno diventando più individualisti e disinteressati, i secondi invece si appassionano sempre di più alla politica e coltivano il sogno di un’America sempre più europea. Come osserva l’Atlantic, a determinare le scelte elettorali è spesso la situazione economica in cui cresciamo. La crisi economica del 2008 è stata determinante e se gli americani sono diventati sempre più sensibili alle politiche di sinistra e condividono la versione del socialismo democratico di cui la deputata Alexandria Ocasio-Cortez è la massima rappresentante, la crisi economica in Europa ha invece portato molta sfiducia nei confronti delle idee che animano i giovani americani.

 

I millennial europei credono sempre meno nello stato sociale perché sanno che le politiche su cui si basa non possono risolvere i problemi che affliggono i loro paesi. Dopo il 2008 , secondo un report del Fondo monetario internazionale, mentre stipendi e pensioni rimanevano protetti, i più giovani hanno subìto le ripercussioni della crisi e sono stati colpiti da altissimi tassi di disoccupazione e precariato e inoltre le politiche monetarie introdotte per risanare i bilanci hanno colpito sempre loro, i più giovani. Nei paesi europei i ragazzi non possono condividere quindi la fascinazione degli americani per lo stato sociale perché, durante la crisi, hanno capito che lo stato sociale non ha pensato a loro ma ha fornito una rete di sicurezza ai più anziani. In termini politici questo ha portato a un generale disinteresse, i millennial europei si definiscono centristi, sono più individualisti, non credono nel pubblico e anzi pensano che sia meglio lavorare nel privato, che la competizione favorisca crescita e sviluppo e che un contratto più flessibile sia migliore di un lavoro a tempo indeterminato (dati Eurobarometro).

 

Nel sogno americano sembrano crederci ormai più i giovani europei dei coetanei d’oltreoceano. Le differenze tra Stati Uniti e Ue sono forti anche quando si parla di immigrazione, la seconda crisi che ha cambiato gli orientamenti politici degli elettori. Secondo i sondaggi soltanto un quinto degli americani sotto ai 35 anni è favorevole alla costruzione del muro al confine con il Messico, mentre il sostegno aumenta tra i gruppi di età più avanzata. Tra gli europei, millennial, generazione zero e adulti, non c’è una grande differenza e i giovani, come i loro genitori, vogliono che i governi nazionali e l’Ue adottino delle misure rigide per combattere l’immigrazione clandestina. L’Atlantic porta come esempio il caso danese. In Danimarca il Partito popolare, contrario all’immigrazione, in quattro anni è precipitato dal 21 all’8 per cento. E non perché gli elettori non sostenessero più le politiche anti immigrazione, ma perché nelle elezioni di quest’anno i partiti di centro sinistra e di centro destra hanno cooptato l’agenda dell’estrema destra.

  

Le difficili generalizzazioni europee

L’Europa non è omogenea e quel che funzione in Danimarca non è detto che funzioni anche nell’est europeo, o in Germania, o nei paesi del sud. In Germania il voto dei più giovani si è spostato dalla Cdu di Angela Merkel ’ verso il partito di estrema destra AfD e verso i Verdi. Anche in Austria, dove le elezioni sono state domenica scorsa, i giovani si sono divisi tra i Verdi e l’Fpö, il partito di estrema destra. Nell’est Europa invece i giovani tra i 18 e i 29 anni sono più propensi a votare i partiti nazionalisti che hanno portato avanti molte politiche economiche a loro favore. In Gran Bretagna e in Francia invece la tendenza è opposta, i ragazzi che nel 2014 avevano votato Le Pen, cinque anni dopo hanno ritirato il loro sostegno al Rassemblement national e a manifestare con il gilet giallo c’erano soprattutto cinquantenni. Nel Regno Unito furono gli anziani a votare a favore della Brexit e dal momento che, come calcolato da YouGov, muore all’anno quasi mezzo milione di elettori, se i britannici si ritrovassero a dover scegliere tra i leave e il remain questa volta potrebbero votare il remain: i brexiteer se ne stanno andando. Per l’Italia vale un discorso ancora diverso, il voto dei giovani si è spostato dal Movimento 5 stelle ai partiti di estrema destra come Lega e Fratelli d’Italia.

  

In America i millennial vogliono uno stato che li protegga e in seguito alla crisi hanno scoperto un interesse tutto nuovo per la politica. Mentre negli Stati Uniti le loro decisioni hanno davvero il potere di essere determinanti per un discorso numerico, l’età media della popolazione americana è di 38 anni, è improbabile che in Europa, dove la media è di 50 anni, i giovani potranno essere così forti a livello politico. La tendenza a breve termine sarà che in Ue saranno gli anziani a determinare la politica europea, come in Germania, dove nel 2017, per la prima volta, oltre la metà degli elettori aveva più di 50 anni.

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