Foto LaPresse

Basta guerre!

Paola Peduzzi

Che c’azzeccano il liberal Soros e il libertario Koch? Sono entrambi contro l’interventismo americano

Milano. Basta con le guerre senza fine, la vocazione americana è “la diplomazia energica” per andare “alla ricerca della pace internazionale”. Con questo spirito nasce il Quincy Institute for Responsible Statecraft, un nuovo think tank di politica estera che è stato annunciato due giorni fa, inizierà a essere operativo a settembre ed è sulla bocca di tutti. Non tanto o non solo perché vuole recuperare una ispirazione pacifista degli Stati Uniti, ma anche perché nasce da un’alleanza strana e chiacchieratissima: quella tra George Soros e Charles Koch, due filantropi che più diversi di così non potrebbero essere. Soros non ha bisogno di presentazioni: è tra gli uomini più odiati del pianeta, un liberal a favore dell’immigrazione al centro di decine di teorie del complotto marcate di antisemitismo. Koch è un libertario, gran finanziatore, assieme al fratello David, del Partito repubblicano ma non trumpiano (“non ho bisogno dei loro soldi né delle loro brutte idee”, disse nell’estate scorsa il presidente americano dopo che i fratelli Koch lo avevano criticato) al punto che sta pensando di restare fuori dalla corsa del 2020. Soros e Koch non c’entrano nulla, ma hanno trovato alcune convergenze: su un progetto contro “la supercriminalizzazione dell’America”, sulla lotta all’estremismo online e ora sulla politica estera, o meglio sul non interventismo americano come dottrina per la politica estera. Sul sito del think tank ancora molto scarno si legge la frase che ha ispirato il nome e l’operazione politica: la pronunciò nel 1821 l’allora presidente John Quincy Adams e dice che l’America “non va all’estero a caccia di mostri da distruggere”.

 

Il centro studi sostiene la necessità di ritirare i soldati americani dalle guerre in corso, dall’Afghanistan alla Siria, per mettere fine a guerre eterne che non portano a nuovi equilibri stabili. Nel 2015, Charles Koch disse in tv che la politica estera americana era secondo lui “una forma di follia”: “Continuiamo a cacciar via dittatori e poi non ci ritroviamo con nulla di meglio, e nel frattempo sconvolgiamo la vita di un mucchio di persone – spendendo fortune mentre gli americani vengono uccisi. Che cosa dobbiamo dimostrare?”. Erano gli anni obamiani, quelli, ma Koch non ce l’aveva soltanto con il presidente democratico, ma con l’impostazione interventista dell’establishment di sinistra e di destra. Anche Soros è sempre stato di questo parere: negli anni della guerra al terrore, nella prima decade dei Duemila, scrisse sul Wall Street Journal che “non è la nostra volontà a essere testata in questo momento, ma la nostra capacità di comprendere la realtà”. Era contro l’interventismo neocon ma anche contro l’establishment democratico che sosteneva l’intervento contro i dittatori per esportare la democrazia e restaurare il rispetto dei diritti umani (il cosiddetto interventismo liberal blairiano-clintoniano). Non è un caso che una delle priorità di questo nuovo think tank – che oltre al mezzo milione di dollari a testa di Soros e Koch ha ottenuto altri investimenti per 800 mila dollari e ha aperto le assunzioni – sia salvaguardare e anzi rafforzare l’accordo sul nucleare iraniano, un esempio di “diplomazia energica” che ottiene risultati concreti. Molti commentatori dicono che in effetti questo spazio dottrinale era stato lasciato vuoto: ci sono centri studi che si occupano di politica estera e del ruolo dell’America nel mondo ma sono per lo più figli di un’impostazione interventista, laddove non ci sono i “boots on the ground”, che ormai non piacciono quasi più a nessuno, ci sono i blitz, le sanzioni, le minacce. In questo modo però, sostiene il Quincy Institute for Responsible Statecraft, gli Stati Uniti si sono allontanati da ogni forma “difendibile di interesse nazionale” e dal “rispetto per i diritti umani e per la dignità degli esseri umani”. Ecco che allora diventa necessario mettere fine alle operazioni all’estero come piace agli isolazionisti, evitando gli scontri sul crinale pericoloso della deterrenza e del militarismo, come piace ai liberal: è un terreno comune, tra Venere e Marte, tra due mondi politici che hanno invero pochi argomenti su cui andare d’accordo.

 

Questo progetto sancisce ancora una volta il ripiegamento dell’America su se stessa, lontano dall’eccezionalismo oltre che dall’interventismo. I mostri non scompariranno, anzi forse stan già facendo festa.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi