Luigi Di Maio al Consolato generale d'Italia di New York

Di Maio, il glissatore

Daniele Raineri

Il vicepremier va a Washington fresco di accordi con la Cina, scivola sulle sue contraddizioni ed elude le domande

New York. In conferenza stampa a New York, il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio sfugge con garbo alle domande. Al mattino il Centro studi di Confindustria ha detto che la previsione di crescita dell’Italia per il 2019 è zero e questo contraddice in modo plateale i numeri annunciati dal governo. Domanda: “Confermate l’un per cento di crescita che avete previsto per quest’anno?”. La risposta è indecifrabile, i giornalisti si guardano l’un l’altro perché nessuno capisce se il ministro conferma oppure no. L’unico punto chiaro è che Di Maio non è d’accordo con Matteo Salvini, che ha detto che gli analisti di Confindustria sono dei gufi. “Noi stiamo con le imprese, i gufi sono una cosa dei tempi di Renzi”.

 

  

Il vicepremier dice di essere grato per i numeri forniti da Confindustria, perché gli danno l’occasione per parlare dei piani per rilanciare l’Italia. E comunque, questo è un concetto ripetuto tre volte, tutta l’Europa si trova in una brutta congiuntura economica. A quel punto si rende conto che c’è un problema – è vero che anche il resto d’Europa rallenta, ma in media cresce ancora dell’1,2 per cento annuo mentre invece l’Italia è ultima allo 0,2 per cento – e allora dice che “è il momento per l’Italia di mettere la freccia e di sorpassare qualche altro paese”. Così sarà per tutta la conferenza stampa. Ogni domanda pone un problema, ogni problema è lasciato in sospeso, nel vago, passato ad altri, o aggirato con una boutade ottimistica. Tutti lo aspettano al varco sulla grande contraddizione: com’è possibile venire in America per ribadire l’alleanza con l’Amministrazione Trump pochi giorni dopo essersi vantati di essere il primo paese del G7 a firmare un memorandum of understanding così vincolante e politico con la Cina? 

 

“Avevamo bisogno di farlo – dice Di Maio – perché dovevamo battere gli altri paesi europei, che storcono tanto il naso soltanto perché l’Italia è arrivata prima”. Ma gli altri paesi hanno firmato anche loro accordi, persino più sostanziosi, senza però vincolarsi a un patto politico con la Cina. La Francia ha avuto una commessa enorme per Airbus, senza aderire alla cosiddetta Via della Seta. Si glissa. La sola preoccupazione degli americani, dice il vicepremier, riguarda il dossier 5G e la possibilità che finisca in mano all’azienda cinese Huawei, cosa che gli americani considerano molto rischiosa perché i cinesi avrebbero accesso a dati strategici. Ma “sistemeremo con una legge”.

 

Di Maio parla con convinzione della necessità di rimettere in moto l’Italia, di sbloccare i cantieri e di far funzionare le imprese, allora arriva la domanda sulla Tav – che è uno dei cantieri più importanti ma in questo momento è in stato comatoso, nessuno sa se andrà avanti come dice un accordo internazionale già firmato oppure no. Di questo “si occuperanno il presidente del Consiglio Conte e il presidente francese Macron”.

 

Di Maio dice che è in America per ribadire che l’Italia è un alleato di Washington. In teoria questa è una faccenda che ha molti aspetti delicati, soprattutto per i Cinque stelle che vengono da un passato di posizioni antiamericane. L’Amministrazione Trump è molto determinata nelle sue richieste all’Italia e vuole chiarezza sul programma F-35 che prevede l’acquisto da parte dell’Italia di caccia militari molto sofisticati e molto costosi. Di questo “ne parleranno Conte e il presidente Trump”.

 

Domani a Washington Di Maio incontrerà il Consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, che è considerato un falco in politica estera con idee molto aggressive, e ci sono molti dossier importanti da discutere: Bolton ha una linea dura sul Venezuela. Sul Venezuela “la nostra posizione è nota” e per quel che riguarda Bolton: “Di quello di cui parlerò con Bolton parlerò prima con Bolton”, che è una risposta da pura Prima Repubblica. C’è anche un incontro con il segretario all’Energia, Rick Perry, che è schierato a favore del gasdotto Tap – la cui realizzazione è considerata da molti elettori grillini come un tradimento. La domanda non viene neppure fatta.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)