Una protesta a Karachi, in Pakistan, contro l'assoluzione di Asia Bibi. Foto LaPresse

L'avvocato musulmano di Asia Bibi chiede aiuto all'Europa. Se lo merita

Giulio Meotti

Saif ul Malook si trova in un pericoloso limbo dopo le minacce di morte ricevute in seguito all’assoluzione della sua cliente

Roma. Nella sua “Tirannia della penitenza”, il saggista francese Pascal Bruckner invitò l’Europa a fornire sostegno economico, morale e politico ai dissidenti della mezzaluna. “Sarebbe ora di formare una grande catena di solidarietà per tutti i ribelli del mondo islamico, i moderati, i non credenti, i liberi pensatori, gli atei, gli scismatici come un tempo furono sostenuti i dissidenti dell’Europa dell’est”, scrisse Bruckner. In questi giorni uno di questi ribelli, un avvocato pachistano, ha chiesto all’Europa di dargli protezione diplomatica e politica.

  

Si tratta del legale di Asia Bibi, la donna cristiana per dieci anni nel braccio della morte in Pakistan con l’accusa di “blasfemia”, prima della definitiva assoluzione lo scorso 29 gennaio da parte della Corte suprema. Se il destino di questa donna è ancora attorniato dal mistero – da una settimana si rincorrono conferme e smentite sul suo arrivo in Canada – l’avvocato Saif ul Malook si trova invece in un pericoloso limbo, dopo le minacce di morte in seguito all’assoluzione spettacolare della sua cliente. “Spera che si tenga conto delle sue azioni eroiche nel difendere Asia Bibi e che lo hanno portato a scambiare la sua libertà per lei”, ha detto alla France Presse l’avvocato francese di Malook, François Zimeray. “Non chiede asilo, piuttosto la nazionalità europea”. Dopo l'assoluzione della donna, Malook aveva detto: “Questo è il giorno più bello e più felice della mia vita. Ma non ho alcuna sicurezza. Nessuna sicurezza e io sono l'obiettivo più facile ... chiunque può uccidermi. Se conduci questi casi, devi essere pronto alle conseguenze. Penso che sia meglio morire da uomo coraggioso e forte che morire come un topo”.

   

Malook è fuggito in Olanda lo scorso novembre “con ancora la divisa addosso” dopo le violenze scoppiate contro la decisione dei giudici di rovesciare la condanna a morte di Asia Bibi. Durante le proteste di piazza, gli islamisti avevano chiesto la testa dei tre magistrati e dell'avvocato, “apostati” che meritavano la morte. Alcuni avvocati, colleghi di Malook, avevano perfino bruciato la divisa davanti alle aule di tribunale in segno di protesta per la scarcerazione della donna. Malook era tornato a Islamabad il 26 gennaio per difendere la donna.

  

Adesso, il rischio è altissimo. L’avvocato difensore di Junaid Hafeez, studioso di letteratura da duemila giorni in prigione in Pakistan con l’accusa di “blasfemia”, è stato assassinato. Rashid Rehman, come Mulook, conosceva i rischi che stava correndo. Gli altri legali avevano rifiutato il caso. In tribunale, gli avvocati di chi aveva denunciato Hafeez dicevano a Rehman che non sarebbe stato presente alla successiva udienza, “poiché non sarebbe stato vivo”. Dal 1990, 62 persone sono state uccise in Pakistan dopo essere state accusate di “blasfemia”. Un giudice, Arif Iqbal Bhatti, che aveva assolto due accusati di blasfemia, è stato assassinato nelle sue stanze. Il governatore Salman Taseer è stato assassinato dalla sua stessa guardia del corpo. E anche il ministro per le Minoranze, Shahbaz Bhatti, è stato assassinato per aver difeso Asia Bibi.

   

Dieci anni fa, una dissidente islamica, Ayaan Hirsi Ali, andò a Bruxelles a parlare al Parlamento europeo: “Sono venuta a chiedere di appoggiare la creazione di un fondo europeo per la protezione delle persone la cui unica colpa è di aver utilizzato la libertà di parola”. E’ quello che manca oggi per sostenere Malook. Hirsi Ali stessa aveva fatto richiesta di protezione a Bruxelles su invito dell’allora eurodeputato socialista Benoît Hamon, che insieme a una sessantina di altri europarlamentari iniziò a raccogliere le 393 firme necessarie per la protezione. A perorare la causa a Bruxelles anche il filosofo Bernard-Henri Lévy, che disse agli europarlamentari: “L’Europa deve difendere Hirsi Ali, perché solo così difende se stessa”. Alla fine, la sceneggiatrice del film “Submission” costato la vita a Theo van Gogh scelse di rifugiarsi negli Stati Uniti e al Parlamento europeo non riuscirono a raccogliere le firme necessarie a sostegno della protezione. Si arrivò a 144 firme, meno della metà di quelle necessarie. Speriamo che sull’avvocato di Asia Bibi l’Europa dimostri maggior coraggio. Non ci sono tante personalità musulmane che hanno rischiato la vita per difendere i cristiani perseguitati. Per questo Malook meriterebbe anche il Premio Sakharov per la libertà di pensiero, che Bruxelles assegna ogni anno in memoria dello scienziato sovietico.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.