Il procuratore generale Jeff Sessions (foto LaPresse)

Trump liquida Sessions. Ecco perché quello del ministro della Giustizia era un addio annunciato

Redazione

L'uscita di scena del procuratore generale non è una sorpresa: Trump non gli ha mai perdonato il fatto di essersi astenuto dall'indagine sul Russiagate

"Caro mister president, su tua richiesta rassegno le mie dimissioni". Così inizia la lettera del segretario alla Giustizia Jeff Sessions, messo alla porta il giorno dopo le elezioni di metà mendato. La sua uscita di scena non è una sorpresa totale visto che Trump non gli ha mai perdonato il fatto di essersi astenuto dall'indagine sul cosiddetto Russiagate che per ora rimane sotto la giurisdizione del vice ministro di Giustizia, Rob Rosenstein. "Abbiamo agito con integrità portando avanti legalmente e aggressivamente l'agenda politica di questa amministrazione", ha rivendicato il procuratore generale che tuttavia è stato licenziato mercoledì 7 novembre. Nel 2017 Sessions aveva infatti delegato al suo vice Rod Rosenstein il compito di gestire l'inchiesta Russiagate. La scelta fu dovuta al fatto che Sessions aveva nascosto al Senato durante la fase della sua nomina i suoi incontri con l'allora ambasciatore russo in America durante la campagna elettorale di Trump (per cui lavorava nei panni di senatore).

   

  

Trump l'ha liquidato con un paio di tweet: "Ringraziamo il procuratore generale Jeff Sessions per il suo servizio e gli auguriamo il meglio". Al suo posto andrà Matthew G. Whitaker, attuale capo dello staff dello stesso Sessions. "Servirà bene il nostro paese", ha tuittato Trump. Whitaker sarà il procuratore generale degli Stati Uniti facente funzione, "il sostituto permanente" di Sessions "sarà nominato più in là", ha precisato The Donald.

 

  

L'addio del ministro solleva non pochi dubbi sul futuro del lavoro di Robert Mueller, il procuratore speciale nominato da Rosenstein per indagare sulla presunta interferenza della Russia nelle presidenziali del 2016 e sulla potenziale collusione della campagna Trump con Mosca. La nomina del futuro capo della Giustizia dovrà essere approvata al Senato, ancora controllato dal Gop.

  

Ripubblichiamo qui alcuni articoli di Mattia Ferraresi per ricostruire la vicenda:

 

  

 

 

 

 

 

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