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I sicari di Putin, gli intrighi sauditi, le dismisure di Putin

Giuliano Ferrara

Cosa c’entra la degenerazione della smart society con la fine della Ragion di stato

La Ragion di stato non conosce né riconosce i confini, ma così è un po’ forte. Alessandro Baricco, stando alle anticipazioni, nel suo nuovo libro, “The Game”, dedicato alle forme di comunicazione novissime, sostiene che, nonostante tutta la nevrastenia e il rischio evidenti, chatta che ti chatta e twitta che ti twitta, posta che ti posta, il risultato (voluto) del mondo in tempo reale è che gli orrori del Novecento, guerre e sterminio genocidario, saranno scongiurati, non si ripeteranno. Instagram contro Auschwitz. Bisognerà leggerlo, e riparlarne, intanto però gli agenti di Putin visitano la cattedrale di Salisbury con effetti perniciosi per un disertore e spia, il capo dell’Interpol svanisce nel nulla cinese, un giornalista saudita collaboratore del Washington Post, e oppositore del nuovo uomo forte di Riad, Mohammed bin Salman, è a quanto pare incappato, nel senso che è stato fatto a fette e portato via, in una squadra specializzata arrivata nel Consolato saudita di Istanbul e tosto ripartita con il dissidente frantumato in valigia. Quel che conta in queste storie, a parte i diritti violati e l’infrazione di codici diplomatici e militari, tipica della Ragion di stato, sono i dettagli.     

  

Il primo dettaglio è che, con l’eccezione del caso cinese gestito con cura e sapienza millenaria, si è praticamente visto tutto. L’arrivo all’aeroporto di Londra dei sicari di Putin, la foto del loro volto, la trasmissione dei loro dati via Scotland Yard: non c’è mistero per la gita a Salisbury, con dosi insufficienti di veleno militare Novichok, dei due patrioti russi in funzione sicaria. L’arrivo del dissidente saudita al Consolato turco è anche quello visibile in fotogramma, ora, giorno, circostanze di tempo e di luogo (si vede anche la povera fidanzata che lo attende invano, trattandosi di una visita alla caccia di documenti per il matrimonio), e si vedono macchinoni oscurati che arrivano e se ne vanno presumibilmente con la, diciamo così, refurtiva, e come non bastassero le telecamere, c’è anche un servizio audio con i rumori e le voci della tortura, premessa informativa dell’esecuzione di stato. Tutto trasparente, postato in una condizione di tempo reale.

  

Secondo dettaglio. Non si può essere affatto sicuri che l’intrigo e il delitto internazionali, cose che ci sono sempre state ma fino a ieri erano avvolte nel segreto per quanto possibile, basti pensare al famoso caso dell’uomo nel baule esfiltrato, in una giornata di mistero che non offrì alcuna immagine, dall’ambasciata egiziana a Roma negli anni Sessanta, si sviluppino in piena pubblicità di comunicazione e di dati per un errore pacchiano dei servizi russi o sauditi. Più probabile è la dimostrazione di forza pubblica, l’ingresso della Ragion di stato, nelle sue forme più comunemente criminali, nello show d’opinione. E’ bello, in un senso obliquo è virtuoso, forte, maestoso, far sapere alle spie e ai dissidenti che non possono stare tranquilli, e meglio ancora è soave mostrarsi così forti da fottersene allegramente delle conseguenze delle news a ciclo continuo: “Allegramente”, è il caso di dirlo visti i talk-show russi che hanno preso il mondo per il culo sul caso Novichok inscenando la farsa della visitina turistica. Ma c’è un terzo dettaglio.

  

Trump, che è l’incarnazione della Sragion di stato, e che si è fatto regalare un pallone da un Putin ghignante dopo aver espulso una pattuglia di diplomatici su richiesta di Theresa May, nel caso del suo specialissimo amico e alleato e socio in affari Bin Salman non è stato da meno: ha detto senza problemi che tutto si può fare, cioè niente, per amore di verità trasparenza umanità, tranne che rinunciare alle vendite di armi all’Arabia Saudita in favore della concorrenza. Così l’intrigo internazionale nel nome sacro e riservato della Ragion di stato, un tempo nelle mani dei Talleyrand o dei Mazzarino o delle Caterina de’ Medici, e di tanti altri nei secoli, dipana alla luce accesa del tempo reale e dell’informazione totale quella che una volta era una narrazione affidata a storici e romanzieri senza chat e senza fotocamera, e immersa nel mistero. Insomma, leggeremo Baricco, ma non è detto che certi orrori, certe dismisure, siano al riparo dalla smart society. Per guerre e genocidi si vedrà, per il delitto di stato lo si è già visto.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.