Vladimir Putin (foto LaPresse)

Per Londra il responsabile dell'avvelenamento a Salisbury è Putin

Micol Flammini

Dopo l'identificazione dei due agenti responsabili dell'avvelenamento al Novichok, Mosca passa dall’ironia alla rabbia

Roma. Abbandonata l’ironia, è arrivata la rabbia. Mercoledì, quando Londra aveva rivelato i nomi dei due colpevoli dell’avvelenamento a Salisbury, Mosca aveva risposto con qualche risata. Meno sonora delle altre volte, ma la Russia ha continuato a scherzare sulle accuse di Londra. “Quegli uomini non li conosciamo”, aveva detto la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova riferendosi a Alexander Petrov e Ruslan Boshirov. “Per fortuna ne hanno scelto uno slavo e l’altro tataro”, aveva commentato Viktoria Skripal, nipote dell’ex spia avvelenata. Anche Dmitri Peskov si era presentato davanti ai giornalisti con un leggero sorriso. Ma queste erano le dichiarazioni in risposta al discorso di Theresa May ai Comuni. La premier britannica aveva accusato la Russia ma non era arrivata a colpire Vladimir Putin. Ieri il ministro britannico della Sicurezza, Ben Wallace, ha detto l’indicibile. In un’intervista rilasciata alla Bbc ha dichiarato che dietro l’attacco chimico orchestrato per uccidere Sergei Skripal, c’è proprio Putin. Non ha detto Russia, o Mosca, o Cremlino. Ha detto Vladimir Putin: “E’ stato lui, è il presidente, controlla i fondi e dirige l’intelligence militare, il Gru. Non credo che si possa dire che Putin non ha il controllo del suo stato”. Se due uomini dell’intelligence russa sono andati fino a Salisbury con del nervino in tasca per uccidere un ex spia traditrice, è difficile che il capo del Cremlino, che finanzia, dirige e controlla il Gru, non ne sapesse nulla. “E’ inaccettabile”, ha detto Dmitri Peskov, questa volta arrivato in conferenza stampa privo di sorrisi.

 

La rabbia e l’agitazione hanno spazzato via l’ironia e la sicurezza delle dichiarazioni del giorno prima. Wallace ha promesso che il caso sarà portato davanti al Consiglio di sicurezza dell’Onu ma è certo che un attacco così insolitamente diretto contro Vladimir Putin cambierà molte cose a livello diplomatico. Peskov ha chiesto alla Gran Bretagna di inviare una richiesta ufficiale per permettere a Mosca di indagare sull’identità dei due uomini, “Se pensano che sia senza senso, ci dispiace”, ha detto il portavoce alludendo al fatto che Londra non intende emettere un mandato ufficiale, perché tanto la Russia non ha mai collaborato.

 

In una dichiarazione congiunta gli Stati Uniti, il Canada, la Francia e la Germania hanno detto di avere piena fiducia nelle indagini britanniche: “Crediamo che l’operazione con ogni probabilità sia stata approvata da livelli alti all’interno del governo russo”. Già mercoledì, dopo il discorso della May, il Cremlino non aveva lanciato forti j’accuse contro l’occidente malato di russofobia. Non di certo per imbarazzo, la Russia è abituata a portare avanti le sue ragioni anche se sa di essere nel torto, ma le evidenze presentata dal governo di Theresa May genereranno altre sanzioni. Il governo e i suoi rappresentanti lo sanno, lo schieramento di altre potenze al fianco della premier britannica lo dimostra, e come spiegare a dei russi sempre meno affezionati al loro presidente che saranno pure i più temuti del mondo con tutte le loro spie, i loro troll e i loro veleni sofisticati, ma diventeranno ancora più poveri? Ieri l’attacco al paese si è trasformato in un attacco ad personam contro l’uomo che rappresenta, dirige e impersona la sua nazione. La sfida diplomatica lanciata dal ministro della Sicurezza Wallace peggiorerà le relazioni tra i paesi. Putin ha mandato avanti i suoi, che lo hanno difeso con insolita rabbia, l’ambasciatore russo alle Nazioni Unite ha detto: “Speravamo che oggi avremmo sentito qualcosa di diverso, invece hanno ripetuto le solite menzogne”. Ormai è uno schema, un copione. L’ambasciata di Mosca continua su Twitter a trollare gli inglesi, due giorni fa i video di May che tenta dei goffi passi di danza accanto a uno in cui la Zacharova improvvisa sui tacchi a spillo in un ballo tradizionale, ieri invece hanno messo a confronto due foto: Collin Powel che sventola l’antrace nel 2003 davanti alle Nazioni unite e il campioncino di Premier jour di Nina Ricci in cui Petrov e Boshirov avrebbero messo il Novichok. Il ministero degli Esteri intanto continua a parlare di Siria. Putin continua a non parlare per niente.