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I nostri soldati sono ancora bloccati in Niger, quanto conta lo zampino della Francia?

Francesco Maselli

Così Parigi riesce a tenere la nostra missione militare nel paese africano in uno stato di animazione sospesa

Parigi. Dallo scorso marzo circa quaranta soldati italiani sono accampati in una base americana a poche centinaia di metri dall’aeroporto di Niamey, in Niger, senza avere ancora ricevuto il via libera dalle autorità del paese per operare. I militari sono stati inviati dal nostro stato maggiore per preparare l’arrivo del contingente più numeroso e che dovrebbe occuparsi di addestramento e supporto dell’esercito nigerino. I motivi del ritardo non sono ancora chiari, anche perché la missione italiana, che avrebbe dovuto coinvolgere 120 militari nei primi mesi dell’anno, fino ad arrivare a un massimo di 470 entro la fine del 2018, dovrebbe essere benvenuta vista la ridotta capacità dello stato africano di controllare il proprio territorio. In più, in Niger sono già presenti soldati occidentali, in particolare americani, che stanno costruendo una base per le loro attività aeree ad Agadez e francesi, che utilizzano il paese come uno dei principali centri di comando dell’operazione Barkhane.

 

Il governo francese combatte boots on the ground con oltre 4.000 uomini i movimenti jihadisti in tutto il Sahel, un’area grande quanto l’Europa, e il dispositivo messo in piedi in Niger è cospicuo: nella base aerea di Niamey sono stazionati mezzi di appoggio aereo come droni e caccia in grado di intervenire sull’insieme del teatro; per potere agire nelle zone meno raggiungibili, la Francia dispone inoltre di basi leggere nel deserto (chiamate plateformes désert relais) che consentono alle sue forze speciali di operare in autonomia. Da poche settimane, in appoggio ai francesi, sono arrivati in Niger anche 100 soldati britannici inquadrati all’interno della missione Barkhane.

 

Perché dunque soltanto gli italiani non riescono a operare? La nostra missione, è stato più volte chiarito dal governo Gentiloni che l’ha prevista e da quello Conte che l’ha confermata, dovrà agire principalmente nel nord del paese e non integrerà le forze della missione Barkhane a guida francese. Secondo le informazioni del Foglio, che ha parlato con una fonte francese molto informata delle attività di Parigi in Centrafrica, la Francia non condivide gli obiettivi italiani, e dunque starebbe rendendo più difficile del previsto l’azione di Roma tramite i suoi contatti con alcune figure chiave del governo nigerino.

 

Jean-Yves Le Drian, ministro degli Esteri francese e molto influente nella strategia africana di Macron, non gradirebbe l’intervento autonomo italiano nel nord del paese, che interferirebbe con gli equilibri in Libia, stato con cui il Niger confina nella parte settentrionale. Più volte contattato dal Foglio, lo stato maggiore francese ha risposto di essere ben contento di avere aiuto da altri paesi per la sua azione nel quadro della missione Barkhane: “La forza Barkhane coopera con l’insieme delle forze nazionali e internazionali presenti nel paese, che lottano contro un nemico comune: i gruppi armati terroristi”, ha chiarito, senza dare spiegazioni più precise sul perché soltanto gli italiani hanno problemi in Niger e senza considerare che, appunto, l’Italia non intende partecipare al dispositivo Barkhane. Un concetto confermato da un’altra fonte diplomatica francese al Foglio: “La Francia ha incoraggiato i partner europei a partecipare alle missioni militari nel Sahel”, ed è “consapevole che gli italiani stanno avendo problemi a Niamey, ma il termine ‘blocco della missione’ è troppo forte. In ogni paese ci sono lentezze burocratiche”. Difficile invece trovare una parola più adatta di blocco, visto che come scritto i militari italiani non sono mai potuti uscire dall’aeroporto, e la missione pare, a questo punto, compromessa, almeno per il 2018.

 

L’irritazione della Francia, per quanto influente, non sarebbe sufficiente a causare le “lentezze diplomatiche” evocate dal nostro interlocutore. L’Italia è probabilmente al centro di una gara d’influenza all’interno del governo nigerino: Mahamadou Issoufou, presidente del Niger, non potrà ricandidarsi nel 2021 e la corsa alla sua successione è aperta tra Hassoumi Massaoudou, ministro delle Finanze e favorito del presidente e Mohamed Bazoum, ministro dell’Interno molto vicino a Jean-Yves Le Drian e alla Francia. E’ in particolare quest’ultimo che già lo scorso marzo aveva respinto in modo categorico l’invio di militari italiani: “E’ inconcepibile la presenza di truppe acquartierate qui, idea discussa dal Parlamento italiano”. Un modo per marcare una differenza rispetto al presidente Issoufou e allo stesso tempo guadagnarsi il favore di Parigi.

 

In ultimo, il dossier italiano è legato anche alla riconferma dell’ambasciatore francese a Niamey, Marcel Escure. Secondo il sito Africa Intelligence, piuttosto informato sui movimenti di potere dell’Africa subsahariana, Escure sarebbe dovuto tornare a Parigi, terminati i tre anni di mandato; fonti del Foglio in effetti confermano che il decreto di nomina del suo successore era già stato firmato lo scorso luglio, ma il ministero degli Esteri ha fatto marcia indietro, probabilmente convinto dall’ottimo lavoro svolto in questo ultimo anno.

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