La confusione nella capitale libica è tale che non si sa con certezza chi abbia attaccato quel che resta delle milizie di Tripoli (foto LaPresse)

Le milizie libiche assediano Tripoli

Redazione

Infranto il cessate il fuoco nella capitale. Serraj dimostra di non essere in grado di controllare il paese

In Libia la guerra tra milizie ha messo sotto assedio la capitale Tripoli, con scontri armati che sono arrivati a ridosso del centro della città. La situazione è molto fluida e dimostra la debolezza del governo di Fayez al Serraj, l'unico riconosciuto dalla comunità internazionale e su cui il governo italiano punta per interrompere il traffico di esseri umani verso le proprie coste. Sabato scorso il sito di informazione Libya Times aveva riferito di un presunto lancio di missili Grad nei pressi dell'ambasciata italiana a Tripoli. Per ora, i nostri uffici diplomatici restano aperti. Nelle scorse ore invece era circolata la notizia di un presunto invio imminente delle forze speciali italiane nella capitale. Un'indiscrezione smentita oggi da una nota di palazzo Chigi, che ribadisce invece come Roma segua con attenzione gli sviluppi nel paese nordafricano.

 

La confusione nella capitale libica è tale che non si sa con certezza chi abbia attaccato quel che resta delle milizie di Tripoli ancora rimaste alleate di Serraj. Il governo accusa le forze di Tarhuna, una cittadina della Tripolitania a sud della capitale. Sono combattenti un tempo sostenitori di Gheddafi e oggi schierati dalla parte degli islamisti dell'ex primo ministro Khalifa Gwell. D'altra parte, dalla settima brigata di Tarhuna dicono di volere riconquistare Tripoli per spazzare via i miliziani di Serraj, che accusano di essere corrotti, per formare un nuovo esercito nazionale unificato. Dicono anche di avere rifiutato il denaro offerto loro da Serraj stesso (circa 250 dollari a testa) per convincerli a ritirarsi dalla capitale. Gli uomini della settima brigata hanno preso le distanze anche dall'altro governo libico, quello del movimento Karama comandato da Khalifa Haftar, in Cirenaica, e rivale di Serraj.

 

I combattimenti di queste ore – che coincidono con l'anniversario della rivoluzione di Gheddafi del 1969 – si sono spinti fino a zone centrali di Tripoli, infrangendo un fragile cessate il fuoco su cui le milizie rivali avevano trovato un accordo tacito il 31 agosto scorso. Si combatte nei pressi dell'aeroporto, ma anche a Dahra, dove si trova l'Hotel Waddam, a Ben Ashour, a Girgarish, a Ghoat Shaal. Nella prigione di Ain Zara, 400 persone sono riuscite a fuggire in seguito ai combattimenti. I feriti sono molti, mentre resta imprecisato il numero dei morti, forse una quarantina. Serraj ha diramato uno stato di emergenza a Tripoli "per proteggere e mettere al sicuro i civili".

 

Un colpo ulteriore alla capacità di Serraj di garantire la sicurezza nel paese è arrivato con la scomparsa di Mohamed al Haddad, comandante della Zona militare centrale. Pare sia stati sequestrato dalle milizie rivali nella sua città natale, a Misurata. Haddad era stato nominato da Serraj stesso con il compito di garantire il rispetto del cessate il fuoco tra le milizie.

Di più su questi argomenti: