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Saluti nazi e complicità. Com'è che l'ultradestra spopola in Sassonia

Daniel Mosseri

Le manifestazioni di Chemnitz dopo l’uccisione di un tedesco (di origini cubane) da parte di immigrati sono un cattivo segnale

Berlino. Lunedì gli Späti di Chemnitz hanno chiuso tutti presto. Späti in tedesco è il nomignolo con cui si indicano i negozietti aperti fino a tardi, di norma gestiti da turchi o arabi. Lunedì è stato anche il giorno in cui l’ultradestra della Sassonia è tornata a marciare per le vie di Chemnitz, da cui il consiglio delle autorità ai minimarket di chiudere i battenti molto presto. Anche la sinistra ha sfilato per Chemnitz, marcando un terreno calpestato già due volte la domenica: prima da AfD e poi da quasi mille fra hooligan e teste rasate in corteo per protestare contro l’uccisione la sera prima di un cittadino tedesco, Daniel H. Per la sua morte sono stati fermati due giovani immigrati mediorientali.

     

Non è la prima volta che l’ultradestra scende in piazza in Germania ma i cortei di Chemnitz hanno impressionato per la velocità da social media con cui sono stati organizzati. Hooligan e neonazisti hanno invaso la città sassone, terrorizzando e aggredendo gli stranieri incontrati per strada. Martedì Angela Merkel ha condannato gli incidenti dei giorni precedenti osservando che l’odio e la violenza per la strada sono incompatibili con l’ordine costituzionale. Particolarmente odiose devono esserle suonate le parole del suo omologo austriaco, il cancelliere Sebastian Kurz che, mentre a casa governa con l’ultradestra del Fpö, si è detto “scioccato dai disordini neonazisti a Chemnitz”. Sul luogo dove Daniel H. è stato accoltellato sono state deposte candele e fiori ma si sono visti anche tanti saluti nazisti. A Chemnitz, la Deutsche Welle ha parlato con la tedesco-cubana Nancy Larrsen, identificata come la migliore amica della vittima. Nancy si è chiesta se i manifestanti sapevano che Daniel era un mezzo cubano con la pelle scura. L’origine della vittima non cambia il fatto politico: a Chemnitz è successo qualcosa di nuovo. “Non importa se AfD ha marciato da sola perché ha integrato le manifestazioni delle forze estremiste, facendo da ponte e dando copertura a Pegida e ai neonazisti”, osserva Hajo Funke della Freie Universität Berlin. Per il sociologo esperto di estremismo politico la novità è che “membri del Bundestag del gruppo AfD hanno lanciato appelli alla giustizia fai da te”. Al Foglio Funke si dice colpito dall’improvvisa esplosione di un risentimento che comunque covava da tempo, complice la sostanziale assenza del governo della Sassonia – una große Koalition a guida Cdu – e delle forze di polizia. Negli ultimi giorni i poliziotti del Land si sono fatti notare per aver fermato per quasi un’ora un giornalista della Zdf colpevole di filmare un corteo degli islamofobi di Pegida. Era stato uno dei partecipanti al corteo a chiedere l’intervento della polizia contro la stampa. Ciliegina sulla torta, il manifestante di Pegida era un poliziotto.

    

In questo clima il Ministerpräsident della Sassonia è rimasto lontano dai giornalisti. Solo martedì pomeriggio, a buoi scappati, Michael Kretschmer ha detto che la strumentalizzazione politica degli estremisti di destra “è ripugnante” e che l’estremismo va combattuto. La Sassonia e la Turingia non sono però diventate santuari per l’estrema destra dalla sera alla mattina e la Cdu locale, al potere dal 1990, ha la sua responsabilità per aver coperto la verità tentando malamente di assorbire i voti alla sua destra. A Berlino la consapevolezza che c’è un ritardo da colmare sembra più radicata. Il Foglio ha chiesto ad Annette Widmann-Mauz, commissaria straordinaria del governo per l’integrazione degli stranieri, di commentare i fatti di Chemnitz. Widmann-Mauz ha risposto brevemente ricordando le responsabilità dello stato di diritto in tema di repressione del crimine: dagli omicidi ai saluti nazisti. La signora Widmann-Mauz era attesa a Kassel alla conferenza dei 16 commissari statali per l’integrazione. L’estremismo in Sassonia viene da lontano e ci vorranno anni per curarlo. Ai ministri riuniti a Kassel, il professor Funke ricorda però che, oltre a una polizia forte, servono soprattutto politici onesti nel riconoscere l’esistenza di ampie sacche di rabbia e risentimento. “E’ il primo passo per combattere il razzismo”.

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