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Gli europeisti sono sempre di più (ma non in Italia)

Luca Gambardella

Un sondaggio dice che negli ultimi 35 anni l'Ue non è mai stata tanto apprezzata come oggi nei 28 stati membri. Il nostro paese però resta agli ultimi posti

A un anno dalle elezioni europee del maggio 2019, un sondaggio commissionato dall'Europarlamento sulla percezione dell'Unione europea dei cittadini dei 28 stati membri ci dà un'istantanea in controtendenza rispetto alle paure crescenti di derive populiste e anti-europeiste. In generale – e questa è una notizia – l'Ue non è mai stata tanto apprezzata come negli ultimi 35 anni (dal 1983 a oggi) e il 60 per cento degli intervistati ritiene che l'appartenenza del proprio paese all'Ue rappresenti un elemento positivo. Il 48 per cento dei  27.601 intervistati – contattati ad aprile dalla società di consulenza Kantar Public – è d'accordo anche sul fatto che la loro voce oggi conti di più tra i palazzi delle istituzioni europee. Un miglioramento netto rispetto ai sondaggi antecedenti alla Brexit, quando solo il 37 per cento dei cittadini aveva detto di sentirsi ascoltato da Bruxelles. Il 67 per cento crede anche che il proprio paese abbia beneficiato dall'appartenenza all'Ue, mentre nel 2011 solo 47 per cento si professava tanto ottimista.

  


Appena il 39 per cento degli italiani intervistati ritiene che l'appartenenza all'Ue sia una cosa positiva


 

Ma i cittadini europei sono anche consapevoli che, così com'è, l'Europa non funziona come potrebbe e che serve un'accelerazione del processo di riforma. Secondo il 63 per cento degli intervistati più giovani (non più di 24 anni), i partiti anti-sistema "possono trovare soluzioni migliori" rispetto a quelli tradizionali per fare ripartire il motore dell'integrazione. Anche per questo, il 38 per cento afferma di non considerare una minaccia i movimenti anti-establishment.

 

Tutto bene, insomma. E invece no, perché il sondaggio conferma che nel paese con la terza economia del blocco, nonché tra i fondatori dell'Ue, il sentimento antieuropeista rimane forte. E questo proprio mentre sta per nascere il primo governo "100 per cento anti-sistema" di tutta l'Ue. L'Italia resta la pecora nera di un'Europa che invece ha già ripreso a correre e a immaginare una svolta riformatrice. Detta coi numeri, appena il 39 per cento degli italiani intervistati ritiene che l'appartenenza all'Ue sia una cosa positiva, con un piccolo passo avanti rispetto all'ultimo sondaggio di ottobre 2017 (più 3 per cento). Rispetto agli altri stati membri, l'Italia resta saldamente al terzultimo posto nella classifica dei 28 (alle nostre spalle ci sono solo Croazia e Repubblica ceca).

 


  Anche nella rilevazione precedente (ottobre 2017) l'Italia era terzultima nella classifica dell'apprezzamento dell'Ue 


  

E sebbene il 44 per cento degli italiani sostenga che il nostro paese abbia tratto benefici dall'appartenenza all'Ue – 5 punti in più rispetto a ottobre 2017 – il dato ci tiene ancora in fondo alla classifica europea. Non solo, ben il 49 per cento degli intervistati italiani accusa l'Ue di andare nella direzione sbagliata, contro il 24 per cento della media di tutti gli stati membri.

 


Sebbene il 44 per cento degli italiani sostenga che il nostro paese abbia tratto benefici dall'appartenenza all'Ue – 5 punti in più rispetto a ottobre 2017 – il dato ci tiene ancora in fondo alla classifica europea


 

La distanza delle istituzioni di Bruxelles dai cittadini e la necessità di un dibattito più aperto sull'Europa, secondo gli italiani, sono i due nodi da risolvere per rilanciare l'Ue. Il 53 per cento degli intervistati ha risposto che la scelta del presidente della Commissione da parte del Parlamento (il nuovo sistema dello Sptizenkandidaten) li renderebbe più propensi ad andare a votare, mentre il 68 per cento sostiene che tale processo dovrebbe essere accompagnato da un dibattito sulle questioni europee e sul futuro dell'Ue.

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.