Foto LaPresse

Il silenzio dopo la strage del Texas

Alcuni massacri muovono le masse, altri no. Le armi nella psiche americana

Imassacri nelle scuole americane si succedono con tragica regolarità, senza particolari distinzioni geografiche e sociali, ma la dimensione insondabile del dolore per l’insensata mattanza che unisce questi episodi trascina con sé una dimensione politica che invece varia da strage a strage. Lo shooting della scuola superiore di Parkland, in Florida, che ha ucciso diciassette persone ha innescato un’iniziativa civile di dimensioni nazionali per chiedere nuove leggi per il controllo delle armi da fuoco e denunciare la cultura della morte promossa dai lobbisti della Nra e accettata da buona parte dell’arco politico. Gli studenti che hanno dato volto e parole all’iniziativa sono diventati immediatamente delle celebrity dell’attivismo anti armi, hanno incalzato politici, conquistato copertine e follower a milionate.

 

La “March for Our Lives” organizzata a Washington, e in centinaia di città americana in contemporanea, è stato il culmine di un’iniziativa che non ha prodotto risultati politici misurabili ma, sostiene il fronte per il gun control, ha dato un contributo importante al graduale cambiamento della sensibilità americana sulle armi. La strage della settimana scorsa in una scuola superiore di Santa Fe, in Texas, che ha fatto dieci vittime, non sembra avere lo stesso potenziale per una mobilitazione pubblica. Nei giorni successivi al lutto e al raccoglimento, dalla comunità colpita non si sono levati cori per una riforma delle leggi sulle armi da fuoco e, anzi, da quelle parti sono in molti a dire ai giornalisti accorsi che armare gli insegnanti è il modo migliore per prevenire i massacri.

 

Il New York Times ha parlato di una studentessa sopravvissuta che alla veglia funebre è andata incontro a Greg Abbott, il governatore dello stato, chiedendo di non trasformare l’episodio in una questione politica. La discrepanza fra l’attivismo a piena voce della Florida e il silenzio del Texas racconta la storia di un’America dove la cultura delle pistole, dell’autodifesa, della solitaria e anche disperata possibilità – che si trasforma in diritto inviolabile, sancito dalla Costituzione – di far da sé è profondamente incastonata nella psiche del popolo. Questo tratto originario, che spesso risulta assurdo per chi non appartiene a quel contesto, è anche all’origine del fatto che i volenterosi sforzi dei ragazzi della Florida, e di chi prima di loro ha combattuto la stessa battaglia, si risolvono quasi sempre in un nulla di fatto legislativo, e non importa di che colore politico sia la maggioranza al Congresso. Sullo sfondo tragico delle stragi, che ispirino movimenti di protesta o che rimangano politicamente “silenziose”, va tuttavia ricordato che la piaga americana dei massacri scolastici non è nella sua fase più oscura. Negli anni Novanta morivano in media il quadruplo degli studenti ogni anno rispetto all’ultimo decennio.

Di più su questi argomenti: