Gli armeni aspettano fuori dal parlamento l'elezione di Nikol Pashinyan

L'Armenia ha vinto e Nikol Pashinyan è il nuovo primo ministro

Micol Flammini

I ragazzi che hanno protestato ci raccontano perché lo sostengono e perché sono europeisti ma non odiano Mosca

In piazza c’erano tutti. Gli anziani che credono ancora nel loro paese, piccolo, un po’ isolato, ma ottimista. Le famiglie che volevano che anche i loro figli percepissero che qualcosa in Armenia sta cambiando. I ragazzi che la loro nazione proprio non vogliono lasciarla, ma vorrebbero che cominciasse ad avvicinarsi sempre di più all’Europa. Un ponte ideale, fatto di propositi, di scambi e di progetti che la generazione dei nati alla fine degli anni Ottanta e durante gli anni Novanta ha iniziato a sognare da alcuni anni. “Non ho mollato la piazza neanche un giorno – racconta Laura al Foglio – all’inizio nessuno credeva che avremmo raggiunto questi traguardi”. Gli armeni hanno protestato per quasi un mese dopo che l’ex presidente Serzh Sargsyan aveva tentato di modificare la Costituzione per diventare primo ministro. Sargsyan era al potere dal 2008 e non potendo ambire a un nuovo mandato presidenziale voleva diventare premier, anzi, lo è diventato, ma poi ha obbedito agli armeni che chiedevano le sue dimissioni. “Abbiamo un rapporto molto schietto con il potere, sempre abbiamo tentato di far capire alle autorità che qualcosa non ci andava bene”, Laura ha studiato Relazioni internazionali, è nata nel 1989 e non ricorda l’uscita del suo paese dal blocco sovietico. Quei primi anni Novanta che hanno cambiato la storia non sono parte della sua memoria, ma ancora se ne parla in ogni famiglia: “I vecchi dicono che si stava meglio prima, che stare dentro l’Unione sovietica aveva molti lati positivi, ma i principali erano due”, le due frontiere, la Turchia e l’Azerbaigian. L’Azerbaigian non poteva minacciare un altro territorio sovietico e la Turchia non voleva entrare in conflitto con l’Unione sovietica. La generazione di Laura invece pensa che serva scendere in piazza per chiedere un cambiamento e la morbida rivoluzione armena ha fatto questo. Al seguito di Nikol Pashinyan, i manifestanti hanno chiesto che venisse rispettata la Costituzione.

 

 

Si sono fatti ascoltare, per strada hanno danzato, si sono arrabbiati, si sono addormentati e oggi hanno festeggiato perché finalmente il Parlamento ha nominato il leader dell’opposizione, Pashinyan, primo ministro. “Per noi è una figura importante, ama l’Armenia e credo che sarà diverso dalla classe politica che ci ha rappresentato finora”, dice Arman che è tornato qualche mese fa da Bruxelles. L’Europa è il filo rosso che lega le storie dei ragazzi che hanno passato l’ultimo mese a protestare. Sono giovani, hanno viaggiato, sono poliglotti, parlano in armeno, russo e inglese e contrariamente ai vicini georgiani che vivono la loro conoscenza della lingua russa come un peccato originale, loro non odiano la Russia. “Mosca ci ha dato tanto, ci ha protetti – dice Laura – ma ora abbiamo bisogno di altro, di una classe politica che abbia il coraggio di dire qualche no al Cremlino”. L’Armenia è entrata nell’Unione economica eurasiatica proprio mentre si preparava a stringere degli accordi commerciali con l’Ue, era il 2014 e i rapporti tra Yerevan e Bruxelles si sono raffreddati. Allora l’Armenia ha cercato di riprendere i contatti, di far ripartire le trattative e la generazione di Laura e Arman vorrebbe che le relazioni si intensificassero. Sa però che Mosca non vuole, sa che anche se questa volta non è intervenuta potrebbe intervenire in seguito, “Per questo abbiamo bisogno di un leader che sia in grado di avvicinarci all’Europa senza voltare la faccia alla Russia”, suggerisce Arman, che non a caso ha studiato Scienze diplomatiche. Pashinyan fa parte del partito di opposizione Yelk, e oggi in aula ha detto che l’alleanza strategica con i russi è una delle priorità ma non ha negato la sua volontà di condurre Yerevan fuori dall’Unione economica eurasiatica e dal Csto, l’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva. E’ un convinto atlantista eppure Vladimir Putin oggi è stato uno dei primi a congratularsi con lui. Ha twittato, cosa che non fa di frequente, ha twittato in inglese dal profilo ufficiale in modo che tutti potessero vedere le buone intenzioni del suo quarto mandato.

  

  

Pashinyan era un giornalista, un personaggio sconosciuto fino alle proteste. E’ stato eletto con 59 voti a favore e 42 contrari, ha promesso delle riforme contro la corruzione e intende cambiare il sistema elettorale prima di convocare nuove elezioni. “Inizialmente eravamo un po’ diffidenti – dice Nune – sempre con quel cappellino, la maglietta mimetica, ma poi abbiamo iniziato a fidarci. Siamo abituati a una classe politica in giacca e cravatta e anche l’abito fa la differenza. Ma poi ho capito che mentre era con noi per le strade Pashinyan era un combattente e non un politico”. In Parlamento si trasforma, dismette i panni del combattente e infila la divisa istituzionale. Per le strade, i manifestanti hanno cantato, ballato e a loro si è unita anche la polizia, “credo che sia stato questo il momento in cui il Partito repubblicano – quello dell’ex presidente – ha capito che avrebbe dovuto cambiare atteggiamento”, spiega Nune, che ha fatto l’università a Mosca. “Mi piace la Russia, mia nonna era russa, è una cultura bellissima, sono più ricchi di noi, ma credo che l’Armenia sia stata in grado in questi anni di sviluppare una democrazia più evoluta”.

   

L’Armenia non è un paese contraddittorio, ha una storia dolorosa, ma lineare. Ha saputo contestare una classe politica che ormai aveva fatto il suo tempo, che veniva dalle ceneri dell’Unione sovietica, alla quale anche i più giovani riconoscono dei meriti, in primis aver cercato di garantire la sicurezza in un'area in cui, ai tempi, solo la Russia avrebbe potuto fare qualcosa. Ora c’è ancora bisogno di protezione, i confini armeni continuano a essere inquieti, ma sono cambiate le aspirazioni. I giovani vogliono sognare l’Europa in cui hanno vissuto, non intendono lasciare l’Armenia, ma vogliono che cambi, che diventi più moderna che cominci a interloquire con dei partner internazionali diversi da Mosca. E Nikol Pashinyan ha promesso tutto questo.

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