Gustaw Herling-Grudzinski (foto LaPresse)

La Polonia è "un mondo a parte". La parabola di Herling-Grudzinski

Micol Flammini

L'ennesima contraddizione di un governo senza storia che vuole rileggere e utilizzare l'autore di "Inny swiat"

Roma. Secondo Varlam Salamov, autore de “I racconti della Kolyma”, solo chi aveva una profonda coscienza religiosa riusciva a resistere in un gulag. Gustaw Herling-Grudzinski non era cattolico, non era di religione ebraica – sebbene ebraiche fossero le sue origine – ma aveva una inoppugnabile coscienza etica. Fu la sua solida morale a permettergli non solo di sopravvivere alla detenzione, ma anche di raccontarla in una delle opere che hanno oltrepassato la strettoia della letteratura polacca, “Un mondo a parte”, diventata poi un documento letterario di importanza internazionale. 

 

Internazionale come la figura di Herling-Grudzinski. Nato a Kielce, in Polonia, venne catturato a Leopoli dall’Nkvd sovietica e portato in un gulag ad Arkhangelsk. Dopo essere stato liberato, si unì al Secondo corpo d’armata polacco, guidato dal generale Anders, e partecipò alla battaglia di Montecassino. Visse a Roma e scrisse sulla rivista Tempo presente fondata da Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte, sul Mondo di Pannunzio e anche sul Giornale di Montanelli. Si trasferì a Londra. Fondò Kultura, la rivista degli intellettuali polacchi in esilio e visse a Napoli, città in cui morì nel 2000. 

 

Dove c’era la storia c’era Gustaw Herling-Grudzinski, pronto a viverla in prima persona e, sempre in prima persona, a raccontarla attraverso la forma diaristica. Così è nato “Inny swiat. Zapiski sowieckie”, scritto tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio dei Cinquanta, uscito in Polonia solo nel 1988. In italiano fu pubblicato per la prima volta da Laterza nel 1958 e quest’anno Mondadori ne ha riproposto una nuova edizione. Il libro non venne apprezzato in un’Italia che ancora non era pronta ad abbandonare l’illusione della generosità del sistema sovietico. 

 

Ebbe una storia diversa in Inghilterra, dove uscì nel 1951 con la prefazione di Bertrand Russel, che come Herling-Grudzinski si considerava un “anticomunista socialista”. “Un mondo a parte” è un’opera obiettiva, che racconta l’esperienza dei gulag con distacco. Herling amava la cultura russa della quale era un profondo conoscitore e non incorse mai nell’errore di identificarla con il regime sovietico. Quando nel 1989 cadde il muro di Berlino, Gustaw Herling-Grudzinski non potè resistere alla tentazione di tornare. Ma la Polonia del Solidarnosc era piena di contraddizioni, era una nazione in formazione che ancora non riusciva a capire quali connotati politici avrebbe dovuto assumere, Herling la criticò, allontanandosene ancora una volta. 

 

Evitato dalle sinistre, sfuggito alle destre, impermeabile a ogni tentativo di manipolazione proprio per l’eterogeneità del suo pensiero e della sua opera, oggi l’autore di “Un mondo a parte” rischia di essere catturato dalla rilettura storica del PiS, il partito Diritto e giustizia al governo in Polonia. E’ la sorte alla quale vanno incontro molti scrittori di emigrazione, strumentalizzati dal movimento nazionalista solo per essere stati oppositori del comunismo. Un’operazione arraffona e superficiale con cui quest’anno il PiS ha cercato di appropriarsi del nome del poeta e drammaturgo Zbigniew Herbert, anche lui emigrato a Parigi fino al 1992, dedicando alla sua memoria l’anno 2018. Il governo ha incontrato la forte opposizione degli eredi dello scrittore e della fondazione a lui dedicata.

 

Anche Herling-Grudzinski è un autore molto gradito, e di conseguenza assai frainteso, dal PiS. “Un mondo a parte” è già stato inserito tra le letture scolastiche obbligatorie e l’autore è tra i nomi più apprezzati, tanto che il 2019 potrebbe anche essere intitolato alla sua memoria, visto che ricorre il centenario della nascita. Quando Ignazio Silone nel 1958 lesse il diario, scrisse: “I libri di polemica politica hanno vita effimera, durano quanto le circostanze della polemica. Ma se un libro tocca il fondo della sofferenza umana e la ritrae con i mezzi dell’arte, essa certamente sopravvive ed entra a far parte del patrimonio spirituale che l’umanità si tramanda di generazione in generazione”. Oggi l’assenza della polemica è l’ennesima contraddizione di un governo senza storia che sta cercando di fare della Polonia “Un mondo a parte”.