Emmanuel Macron (foto LaPresse)

Ora anche Macron ha la sua "linea rossa" sulle armi chimiche in Siria

Francesco Maselli

Il presidente francese minaccia di bombardare il paese e di essere in attesa delle prove del lancio di armi non convenzionali

Parigi. Martedì sera, nel corso del tradizionale incontro annuale con l’associazione della stampa presidenziale, Emmanuel Macron ha confermato che l’utilizzo di armi chimiche da parte del regime di Bashar el Assad in Siria è la sua linea rossa. Il presidente ha detto esplicitamente che la Francia è “pronta a colpire” in Siria se ci saranno “prove certe” dell’utilizzo di armi chimiche. La sua posizione ricorda quella di Barack Obama, che fissò più volte lo stesso limite al regime siriano, salvo poi tirarsi indietro nell’agosto 2013, quando apparve chiaro che Assad aveva utilizzato armi chimiche per bombardare Goutha, alla periferia di Damasco, in un attacco dove furono uccisi circa 1.500 civili, dei quali 400 bambini. Di linee rosse e passi indietro ne sa qualcosa anche la Francia: proprio i servizi segreti francesi scoprirono il tipo di agente chimico utilizzato da Assad, e tra il 27 e il 30 agosto di quell’anno il presidente Hollande mobilitò Marina e Aeronautica per colpire un ventina di obiettivi. A causa del passo indietro di Obama, tuttavia, i francesi si trovarono isolati e costretti a rinunciare all’operazione. Il nuovo presidente francese si è quindi mostrato consapevole dei rischi di una minaccia impossibile da mettere in pratica: “Se la prova sarà stabilita mi comporterò di conseguenza, è su questo che si gioca la nostra credibilità”, ha spiegato ai giornalisti.

 

Dopo la minaccia, Macron ha dettagliato la sua posizione con più prudenza: “Oggi non abbiamo, tramite i nostri servizi e le nostre forze armate, la prova certa che armi chimiche vietate dai trattati internazionali siano state utilizzate contro le popolazioni civili. Ma evidentemente siamo estremamente attenti all’argomento. Ne ho parlato con il presidente russo Vladimir Putin e gli ho chiesto di essere molto chiaro con il regime siriano, che d’altro canto ha riaffermato di non utilizzare questo tipo di armi. Ma noi siamo vigili”. Secondo il Pentagono nelle ultime settimane Assad avrebbe utilizzato almeno sei volte agenti chimici contro i ribelli, circostanza peraltro sostenuta anche dal ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian che, intervistato Bfm tv il 7 febbraio, aveva spiegato ai giornalisti di avere “tutte le indicazioni” che in questo momento il regime sta utilizzando cloro per bombardare i suoi nemici. L’atteggiamento del ministro è simile, e con ogni probabilità coordinato, a quello del presidente: dopo la minaccia, la prudenza. “E’ ancora troppo presto per stabilirlo con certezza”, aveva subito aggiunto, “aspetteremo i risultati dell’inchiesta che stanno portando avanti le Nazioni Unite”. Dalla conferenza stampa di ieri non è chiaro se anche Macron si riferisca al cloro, un agente vietato ma utilizzato in modo frequente dal regime e considerato un’arma di facile produzione, o al sarin. La differenza tra le due armi chimiche non è banale: una bomba al cloro non è un armamento convenzionale, ma è possibile riuscire a individuare la minaccia e scappare (l’agente si diffonde lentamente nell’aria ed è di colore giallo-verde); il sarin, invece, è una polvere incolore e inodore che agisce sul sistema nervoso. Può essere inalato o può essere assorbito dalla pelle per entrare direttamente in circolo nel sangue, ed è letale anche in minime dosi. Il sarin è molto più difficile da ottenere rispetto al cloro, ed è considerato un’arma di distruzione di massa dalla risoluzione 687 delle Nazioni Unite. Finora sono due gli attacchi con sarin documentati, quello di Goutha del 2013, e quello di Khan Sheikhun, del 4 aprile 2017. A cosa si riferisce quindi Macron quando parla di “armi chimiche”? E’ una distinzione tecnica ma fondamentale per capire le reali intenzioni della Francia.

 

Negli ultimi mesi la diplomazia francese si è mostrata molto attiva rispetto al dossier siriano: i combattenti dello Stato islamico di origine francese sono tra i più numerosi, e storicamente il paese ha legami molto forti con la Siria. E’ chiaro che Macron vuole partecipare alle decisioni sul futuro di Assad e della regione, considerata molto importante per gli interessi francesi. Tuttavia, almeno per il momento, Parigi non può contare su grandi strumenti per pesare nel conflitto. Il continuo riferimento a Putin è, in questo senso, un implicito riconoscimento della situazione sul terreno: sono i russi che hanno deciso di tenere in vita il regime di Assad ed è con i russi che verrà negoziata una via d’uscita. Macron, che ha ripreso i contatti con il Cremlino e recuperato un rapporto ai minimi storici proprio per le divergenze sulla Siria, ne è consapevole.

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