
Soldati della guardia d'onore russa (Foto via WikiCommons)
I muscoli di Putin contro la Nato
Megaoperazione militare russa entro l’estate, mentre il Pentagono arma Kiev
La Russia si sta preparando a inviare fino a 100 mila soldati in Bielorussia, sul mar Baltico e nell’enclave di Kaliningrad all’interno di una operazione militare che si chiama “Zapad”, occidente, e che vuole idealmente ricostituire sotto un unico comando una celebre unità sovietica, il Primo corpo carri. L’obiettivo è presidiare il confine con l’occidente appunto, la frontiera est della Nato, e non fa parte della rappresaglia russa dopo le sanzioni americane (che di certo non hanno aiutato). Il presidente Putin ha deciso da tempo di dislocare soldati e carriarmati, in risposta – questo sostiene il regime russo – all’aggressività della Nato. La diatriba tra aggressori e aggrediti non è nuova, e anzi è alla base del deteriorarsi dei rapporti tra la Russia e l’Alleanza, ma si evolve in modo sempre più pericoloso, nutrendosi anche di altri elementi, alcuni geograficamente vicini come l’invito americano alla Georgia di entrane nella Nato, altri strategicamente contigui, come il confronto in Siria.
La Russia si sente ancor più sotto attacco non soltanto per le sanzioni, ma per quel che sta accadendo in Ucraina, dopo mesi di pseudocalma o soltanto di indifferenza internazionale. Il Pentagono e il dipartimento di stato americano hanno annunciato l’avvio di un programma di sostegno militare a Kiev, per contrastare la belligeranza dei separatisti del Donbass. Il Cremlino ha reagito dicendo che “tutti gli interlocutori, in particolare quelli che pretendono di giocare un ruolo nella riappacificazione, devono evitare ogni azione che possa aumentare le tensioni in una regione già difficile”. La Russia reagisce quindi a un’offensiva occidentale – aggrediti e aggressori si confondono, ma la guerra non è fredda, come dice l’invitato americano in Ucraina è “molto calda”.


bruxelles
L'Ue propone di reintrodurre i dazi a Israele, ma von der Leyen sa che non c'è la maggioranza
“Non vogliamo punire Israele o i cittadini israeliani, ma fare pressione sul governo israeliano affinché cambi strada a Gaza”, ha detto l’Alto rappresentante, Kaja Kallas. Eppure la proposta della presidente della Commissione di sospendere la parte commerciale dell’accordo Ue-Israele appare come un atto simbolico di opportunismo politico. Che rischia di essere insabbiato a causa del veto di uno o più governi
