Alastair Campbell (foto LaPresse)

Macron visto con gli occhi di Campbell e del blairismo è “incredibile”

Paola Peduzzi

Lo spin doctor di Blair vede l’Europa che rinasce mentre la sua Inghilterra va in senso contrario. Chiacchierata

Quanta speranza mi dà oggi la Francia”, dice al Foglio Alastair Campbell, spin doctor del blairismo oggi attivissimo contro la Brexit, parlando da un paesino francese dove ogni tanto va a rifugiarsi per scrivere il suo ultimo libro, un romanzo che sarà pubblicato nel febbraio del prossimo anno (il libro “parla di calcio e di terrorismo irlandese – dice Campbell – Si svolge nell’Inghilterra del 1974 e il titolo è ‘Saturday Bloody Saturday’”. Ma come, niente politica? Ci sarà almeno un po’ d’amore, si spera. “Poco amore, molto dolore”). La Francia è un motivo di speranza e di sorpresa, non soltanto per Campbell, che inevitabilmente analizza il fenomeno di Emmanuel Macron, neopresidente della République, con gli occhi di chi ha costruito, vent’anni e più fa, un’altra rivoluzione, quella di Tony Blair. “Mi colpisce il coraggio di Macron”, dice Campbell, citando la conferenza stampa di inizio settimana in cui Macron ha parlato “in modo franco” della Russia avendone al proprio fianco il presidente, Vladimir Putin (il video è imperdibile, le espressioni di Putin sono imperdibili).

  

“E’ sicuramente un tipo charmant”, dice Campbell, la seduzione è un tratto comune di molte leadership, “ma è anche un tipo tosto”, che dice quel che pensa, che “ha deciso di percorrere una strada che sembrava altamente impopolare, e non l’ha mai mollata”. Quella strada è l’Europa, che è collassata con la Brexit (“un disastro” la definisce Campbell, e “disastro” in questa conversazione ricorre spessissimo) mentre Macron fondava il suo partito En Marche!, ha preso un altro scossone con l’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti e poi, in punto di morte, ha scelto di provare a salvarsi. “Non soltanto Macron parla di Europa come una forza che protegge”, dice Campbell, sottolineando la trasformazione che è avvenuta nella percezione dell’Ue in questi ultimi mesi, “ma parla anche della necessità di riformare e di correggere quel che non funziona” dell’Europa, spostando il dibattito a un futuro che vuol rendere il progetto europeo più rassicurante e promettente di quel che è oggi. Il pericolo, si sa, è che poi di tante chiacchiere, di tante dichiarazioni, di tanti slanci non se ne faccia niente.

  

La storia europea – e non soltanto: la casistica è enorme – è costellata di grandi ripensamenti e di grandi ricadute, le emergenze anche in passato hanno contribuito a formare nuclei di riforme che poi o sono stati abbandonati o, peggio, sono stati bocciati. Perché oggi dovrebbe essere diverso? “Perché è accaduto qualcosa di speciale – dice Campbell – Il popolo francese non si lascia abbindolare facilmente, su Macron c’erano tante pressioni, politiche e non solo, eppure la sua formula, che combina il coraggio europeo con il dovere di riforma, è stata convincente”. In effetti ogni volta che s’è messa l’Europa al voto si erano, finora, ottenuti soltanto dei grandi schiaffi. Ma questi sono tempi speciali, e quel che accade intorno spinge molti a rifugiarsi in un porto sicuro: “L’America di Trump è un paese molto diverso da quello che abbiamo imparato a conoscere – dice Campbell – si è ripiegata su se stessa, anche in risposta alle sue crisi interne certamente, ma si pone nei confronti del mondo in un modo a noi sconosciuto”. L’America è poco riconoscibile, la Brexit (“disastro, disastro”) porta altra incertezza, ci guardiamo attorno e non vediamo più quel che eravamo abituati a vedere, “e l’Europa con Macron dice: fidati”, pare difficile ignorare l’offerta.

  
Per Campbell si tratta anche di una scelta netta “tra moderati ed estremismi”, che spesso sono estremismi di destra. “L’elezione di Trump è stata determinata anche da una destra estrema – dice Campbell – e nel Regno Unito il premier, Theresa May, si sta spostando a destra”, o almeno assorbe nel suo elettorato anche quell’estremo che, nella stagione del cameronismo, non si era mai lasciato conquistare dall’offensiva liberal-posh dell’ex premier inglese. “Il progressismo resta ai moderati”, di qualunque origine essi siano, l’ibrido Macron che per sua stessa scelta non parla più di destra e sinistra, e la conservatrice Angela Merkel, che ha imparato in tre mandati – ora cerca la riconferma per la quarta volta – a seguire più i suoi princìpi che l’etichetta politica delle idee.

 

“Basta vedere il Regno Unito – dice Campbell – dove al voto dell’8 giugno si contendono il potere ‘l’hard Brexit’ e la ‘hard left’, l’estremo Brexit e l’estremo di sinistra: per i moderati non c’è casa”, gli homeless al centro dovranno trovare qualche nuova sistemazione. L’Economist ieri ha dato il suo endorsement ai liberaldemocratici spiegando che le idee liberali ed europeiste non sono più rappresentate dai due principali partiti inglesi. Sta nascendo allora, attorno a quello che lo stesso Blair chiama “centro muscolare”, un nuovo modello, una nuova formula, una quarta via che aggiorni la via degli anni Novanta e la faccia funzionare in questi tempi speciali? “Non credo che questo sia il momento delle etichette”, dice Campbell, che vede molta speranza in Francia ma non certo nel suo Regno Unito. La May è “un disastro”, ma anche Jeremy Corbyn, leader laburista, ha impostato la sua guida e la sua campagna elettorale con lo scopo esplicito di seppellire per sempre il Labour di Blair e di Campbell (se si ascoltano i corbyniani, non si fa che sentire di piani complottardi messi a punto dai blairiani per sminuire o cacciare Corbyn, la faida tra queste due correnti è al limite della separazione), e infatti per Corbyn non ci sono mai parole concilianti.

   

Sulla rimonta però, su questi sondaggi che mostrano una flessione costante della May e una luna di miele per il Labour, Campbell non dice molto, ripete “non lo so, davvero non lo so”, non avere un cavallo per il quale fare il tifo dev’essere per il re degli spin doctor delle trasformazioni liberali un po’ doloroso. E la quarta via? “C’è sicuramente una nuova tendenza – dice – che non ha più a che fare con le sinistre, quanto piuttosto con i valori progressisti, che oggi sono incarnati da Macron e da Angela Merkel. Ci sono state molte turbolenze in quest’ultimo anno, ma io non penso che i valori progressisti siano stati del tutto rifiutati, anzi ora si vede che questo nucleo è forte”. Anche in Germania si va al voto, a fine settembre: oggi i sondaggi danno la cancelliera in solido vantaggio, ma manca molto tempo e il suo rivale, Martin Schulz, è forte, ed è di sinistra. “Conosco Schulz – dice Campbell – ma non parlerei di tifoserie adesso, perché la Germania ci sta dando una grande lezione, è una democrazia matura, in cui gli estremi vengono arginati da una solida convinzione europeista e moderata. Il discorso di Schulz che difende la Merkel dagli attacchi di Trump è stupendo, dimostra che politicamente il paese si sente forte e sicuro”.

  

Tutto il bello sembra accadere fuori dal Regno Unito, che assiste alla rinascita europea mentre ha deciso di non parteciparvi, andando invece al contrario, verso la Brexit, “quel disastro”. Magari è proprio questo il momento di creare una forza politica nuova, moderata ed europeista, per gli elettori-homeless. Ma come tutti i blairiani Campbell smorza l’entusiasmo: “Il nostro sistema parlamentare non agevola i partiti nuovi e piccoli, non siamo la Francia”, dove un partito nato dal nulla è arrivato all’Eliseo e oggi aspira a ottenere la maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale. Sarà che forse manca anche un Macron nel Regno Unito attorno a cui costruire una proposta anti Brexit e liberale, ma Campbell non si dilunga troppo, lui la sua rivoluzione l’ha già vissuta. Ma allora quanto rivede di Blair in Macron? Ride, avrà sentito questa domanda chissà quante volte, “Tony ha fatto cose straordinarie nel Labour, ma veniva da quel mondo lì, Macron è tutto nuovo, uno che non aveva esperienza, che ha creato un progetto nuovo dal nulla, con l’idea dell’Europa poi, quando tutti attorno schivavano l’argomento piuttosto che farsi intrappolare: è incredibile”. Accidenti, sembra quasi meglio di Blair questo presidente-ragazzo di Francia, ma non esageriamo, anche i paragoni hanno dei limiti, “è una generazione completamente diversa”, dice Campbell, e no, non sembra nostalgico.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi