Alastair Campbell

Alastair Campbell ci dice perché ha scritto un libro sui vincitori proprio adesso (e perché Miliband non c'è)

Paola Peduzzi
Alastair Campbell ha due grandi passioni: la politica e lo sport. Sulla prima potrei scrivere saggi, saccheggiando i suoi diari sugli anni con Tony Blair e il New Labour al potere in Inghilterra, un patrimonio commovente.

Alastair Campbell ha due grandi passioni: la politica e lo sport. Sulla prima potrei scrivere saggi, saccheggiando i suoi diari sugli anni con Tony Blair e il New Labour al potere in Inghilterra, un patrimonio commovente. Sulla seconda non ho opinioni, di sport (se non uno minore) non capisco niente, ma leggendo l’ultimo libro di Campbell mi sono attrezzata, perché per lui lo sport conta eccome. In “Winners”, pubblicato nel Regno Unito a fine febbraio e in cima alla classifica dei saggi, lo spin doctor più famoso del paese racconta le storie di molti vincitori, la loro strada verso la vittoria, cercando di incasellare i tanti personaggi che ha intervistato (quelli vivi, almeno) dentro a una strategia o a una mentalità di successo. “Winners” è un manuale, insomma, e anche se è difficile immedesimarsi nelle parabole della Regina d’Inghilterra o di Anna Wintour, le storie raccontate sono piene di aneddoti da appuntarsi (serviranno per i prossimi saggi, così come ci servirà sapere se sua figlia e sua moglie gli rivolgono ancora la parola: alle presentazioni dei libri le donne di famiglia si sono molto offese per il fatto che Campbell non sa rispondere alla domanda: gli uomini e le donne vincono in modo diverso?).

 

Ho chiesto a Campbell se è vero che preferisce gli sportivi ai politici, perché lui dice che questo libro è un viaggio nelle sue fascinazioni, ma si vede che lo sport ha più fascino, anche se sembra impossibile, visto quel che ha fatto e vissuto nel mondo della politica, e Campbell ha risposto: “Ci sono politici che mi piacciono, ma ci sono più sportivi, uomini e donne, che rispetto e ammiro: è per la loro passione e il loro impegno e per l’eccellenza che mostrano per raggiungere il top, e restarci”. Se deve scegliere chi sia la persona che più rappresenta il suo concetto di vittoria e di come si fa a vincere (il libro doveva intitolarsi “Winning”, poi Jean Afterman, la donna più potente del baseball americano, gli disse: “Questo libro parla di persone, non di cose. Dovrebbe essere ‘Winners’, non ‘winning’”, e il titolo cambiò), Campbell fa il diplomatico e ne sceglie una per ogni settore: “José Mourinho vince nello sport, Richard Branson nel business, e in politica vince Bill Clinton”, tutti forniti di una “mentalità da vincitori che include coraggio, concentrazione, flessibilità e la capacità di intuire quel che è necessario per muoversi verso un obiettivo”.

 

Nonostante la predilezione sportiva di Campbell, sembra piuttosto implausibile che il guru laburista abbia deciso di pubblicare un libro su come si fa a vincere, a pochi mesi dalle elezioni inglesi (si vota il 7 maggio), senza uno scopo politico. “Penso che sia il momento giusto – spiega lui – di ricordare ai politici l’importanza della vittoria. Molti si vergognano di ammettere che devi vincere se vuoi fare un cambiamento, troppi amano vivere in una ‘comfort zone’. In più c’è anche tanta di quella negatività nella nostra cultura, soprattutto quella mediatica, che ho voluto scrivere un libro ottimista su personaggi positivi che hanno fatto cose grandiose da cui c’è molto da imparare”.

 

Eccolo, allora, il manifesto politico: basta con i gufi, siate ottimisti. Però a guardare la campagna elettorale britannica non sembra che ci sia così tanta positività, sarà che il paese è in austerità, sarà che il Labour parla solo di qualità della vita e c’è poco da stare allegri, sarà che la scena politica è talmente frammentata che si finisce per leggere l’autobiografia di Nigel Farage, leader degli indipendentisti dell’Ukip, e registrare soltanto che il signore fuma come nemmeno Obama prima della svolta Nicorette e che ha un testicolo solo – insomma, l’ottimismo non è mainstream, e di una vittoria assoluta di un partito non parla quasi nessuno. Tanto vale allora fare a Campbell l’unica domanda che importa: Ed Miliband, leader laburista poco amato dagli stessi laburisti, blairiani compresi, è un “winner” sì o no? “Ed deve vincere le elezioni e fare un cambiamento reale prima di poter essere aggiunto alla mia lista. Ma non dimentichiamo che ha vinto la battaglia per diventare leader del partito quando i più pensavano che non ce l’avrebbe fatta. E ha vinto in circostanze molto difficili, personali e politiche”. Fu un fratricidio, come si sa, ai danni di David, ma i vincitori sono sempre spietati, e questo Campbell lo sa benissimo.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi